Perché vedere "Juniper - Un bicchiere di gin"
La recensione del film di Matthew J. Saville, con Charlotte Rampling, Marton Csokas, George Ferrier
Più che un bicchiere, una brocca intera. Metà gin, il resto acqua, mezzo limone per guarnizione – “juniper” è il ginepro, da cui il gin si distilla. La bevanda preferita – unica, scopriremo poi – di nonna Ruth. Charlotte Rampling è la nonna, ex reporter di guerra ora costretta sulla sedia a rotelle, ultimo acciacco una gamba rotta. Siamo in Nuova Zelanda, negli anni 90. Il giovanotto Sam è orfano di madre, il padre lo ha messo in collegio, nelle vacanze scopre con orrore che dovrà occuparsi della nonna mai vista prima. Con il solo aiuto di un’infermiera – per non far venire un attacco di cuore agli spettatori non giovanissimi, potrebbe succedere anche a loro. Non giovanissimi, abbiamo detto: è difficile che la generazione dell’adolescente ribelle Sam possa interessarsi alla vicenda. Nonostante una festa con l’alcool che scorre copioso: se la nonna è sopravvissuta a qualche guerra, e offre da bere a patto che gli amici del nipote le sistemino il giardino disordinato, che c’è di male se approfitti di un bicchierino? La nonna è contenta, e fin qui, a parte gli scatti d’ira quando vede le sue foto da giovane, tutto pare andar via liscio. Ma anche Sam ha i suoi turbamenti, non ha mai voluto vedere la mamma morta, e odia il padre che lo ha messo in collegio. Il padre di Sam invece odia la nonna, perché non gli ha mai rivelato il nome del genitore. “Forse non lo sa”, butta lì Sam. Le relazioni si fanno meno tese, ma la salute peggiora. Un classico, nei film con la lacrima.
Politicamente corretto e panettone