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Il nuovo film Nosferatu, tra leggende truculente e il Dracula di Bram Stoker

Il regista Robert Eggers ha fatto lavorare la giovane attrice figlia di Johnny Depp Lily-Rose con una coreografa specializzata in possessione, isteria, ibridi tra umani e animali, stregoneria

Mariarosa Mancuso

E’ l’anno delle scream queen. Il momento delle donne urlanti nei film dell’orrore. Sia in modelli più andanti, sia nel genere “racconto morale” – ma con molto sangue e molte trasformazioni prostetiche – costruito attorno alla sventurata Demi Moore e al suo desiderio di giovinezza. Anche esagerato: per un po’ a giorni alterni ha il corpo e lo splendente viso di Margaret Qualley. Ma trascura il fatto che dalla fonte della giovinezza si beve a bicchieri, tracannare una bottiglia è sconsigliabile. Le cellule impazziscono – sono film horror ma pretendono basi scientifiche, e dosi calcolate dai medici, da prendere a giorni alterni.

 

Altre bellezze sono in arrivo, una sventurata è Lily-Rose Depp, figlia di Johnny Depp e Vanessa Paradis, nel “Nosferatu” di Robert Eggers. I crediti vanno a Bram Stoker e al suo “Dracula”, ma anche al regista Friedrich Wilhelm Murnau, che non voleva pagare i diritti allo scrittore e cambiò il nome al personaggio. Il film fu proiettato nel 1922 a Berlino, durava 60 minuti o 40 a seconda delle scene di volta in volta considerate accettabili. Per la parte del vampiro, ribattezzato conte Orlok per la stessa faccenda di diritti da scroccare, fu scritturato Max Schreck – che in tedesco suona come “massimo spavento” e in italiano fa l’effetto del gesso sulla lavagna. Si diffusero le più truculente leggende: che era stato il regista medesimo a calarsi nei panni di Orlok, o che dentro quei panni c’era un vero vampiro, importato dalla Transilvania profonda.

 

Lily-Rose Depp avrà la sua scena, forse più di una, urlando a squarciagola. Il vampiro l’ha vista, e non ha intenzione di mollarla. Il regista Robert Eggers, fissato con Dracula fin da quando era fanciullo, ha fatto lavorare la giovane attrice con una coreografa specializzata in possessione, isteria, ibridi tra umani e animali, stregoneria. L’insegnante ha studiato anche gli “archi isterici” e gli atteggiamenti della pazienti di Charcot. Sono scene che vengono meglio senza effetti speciali.

 

Anche i topi – topi in quantità – vengono meglio se non si ricorre agli effetti speciali, roditori meccanici o ratti carini disegnati come la famiglia di “Ratatouille”. Ne servivano qualche migliaio, tanti ne aveva usati anche Werner Herzog in “Nosferatu” con Klaus Kinski. Scena madre: i topi escono dalla bara-giaciglio e dalla nave che porta il vampiro, a Delft. I topi dovettero essere importati dalla campagna, risultò che non erano del colore giusto. A che servivano topini bianchi da laboratorio? Una passata di grigio, e dopo che la scena fu girata Werner Herzog diede ordine di smacchiarli a uno a uno. Aiutandosi con soffioni d’aria calda – abbiamo sempre immaginato minuscoli asciugacapelli – perché non si prendessero un malanno.

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