film e tecnologia

Mac Guff stravolge il cinema con l'IA (magari moltiplicasse anche il pubblico)

Mariarosa Mancuso

Dallo studio parigino che ha creato i Minions e i famosi effetti speciali di “Pulp Fiction”, la tecnologia si spinge oltre: l’intelligenza artificiale ringiovanisce, trasforma e crea attori digitali. Il futuro del cinema tra magie digitali e nuovi mestieri

La giornalista di Libération Ève Beauvallet va nella tana del lupo: lo studio Mac Guff a Parigi – chi non è ignaro di cinema, ricorderà che il Mac Guffin secondo Hitchcock serviva per far avanzare la trama. Per esempio la valigetta, in “Pulp Fiction” di Quentin Tarantino. Tutti la vogliono, sono disposti a uccidere, ma il contenuto resta ignoto. 

Sullo schermo le mostrano uno zombie, all’attore manca metà faccia e l’altra metà sta cadendo a pezzi. Zoom sui dettagli del volto, il realismo è impressionante. Prima dell’intelligenza artificiale servivano tre ore e mezza di trucco (ogni mattina, l’attore non poteva tornare a casa così conciato). Da Mac Guff già lavoravano i campioni francesi degli effetti speciali, post produzione e animazione. E ora l’IA si è appropriata, per potenziarle e migliorarle, di tutte le tecniche digitali degli ultimi trent’anni.

Gli effetti speciali si fanno da sempre. Méliès sparò il suo razzo facendo un occhio nero alla luna. Ray Harryhausen negli anni Sessanta (del Novecento) aveva costruito la sua celebre battaglia con gli scheletri modellando resina, gomma e metallo. L’IA aiuta a fare prima e meglio. Pure i Minions, nati in questo studio quando i francesi non erano proprio l’avanguardia: i loro film d’animazione erano bellissimi, d’autore, ma poco replicabili. 

Il brivido arriva nel 2020, quando lo studio parigino lancia Face Engine, la bacchetta magica che non solo consente di ringiovanire o di invecchiare gli attori in modo spettacolare. Ma di intervenire sui lineamenti e sulla grana della pelle, impegnare “l’attore” (o quel che ne resta, parliamo di bit) in acrobazie, o farli diventare conigli (questi gli esempi di Libération, l’articolo è uscito lo scorso sabato). Global Engine fa lo stesso per gli ambienti: aggiunge, toglie, trasforma, colora, sbiadisce.

“Ora cerchiamo di vendere la tecnica agli americani”, dice Philippe Sonrier, uno dei fondatori dello studio. Gli attori non hanno voglia di alzarsi alle quattro del mattino, indossare una protesi ben mascherata dal trucco, e di recitare così conciati. I bambini poi, secondo la legge non possono lavorare più di 4 ore di fila. Benissimo, ma è come ai tempi delle prime automobili: i passeggeri erano soddisfatti, ma gli autisti? E i fabbricanti di protesi per il cinema?

I due fondatori di Mac Guff sono in totale disaccordo sull’impatto che l’IA avrà sul cinema futuro. Philippe Sonrier sostiene che i cambiamenti radicali saranno pochi. Il socio Rodolphe Chabrier sostiene che ogni cosa cambierà – senza troppi drammi. Accade a un convegno che riunisce direttori della fotografia, e non manca la provocazione: “Tra cinque anni, il cinema esisterà ancora?”.

E per quanto riguarda i diritti che spettano agli attori “riciclati” o modificati dall’IA? Per ringiovanirli si prendono le immagini dai vecchi film. Saranno poi i produttori a dover negoziare con gli aventi diritto. La ditta Mac Guff precisa subito che il loro lavoro produce immagini più realiste di quelle che abbiamo visto, per esempio, in “The Irishman” di Martin Scorsese (erano davvero brutte, plasticose, e saltavano dai primissimi piani ai campi lunghi, ignorando il piano americano, utile ai passaggi meno bruschi).

I Mac Guff hanno lavorato sull’attrice Sveva Alviti che interpretava Dalida nel film di Lisa Azuelos. E di recente su Mathieu Almaric, che doveva essere ringiovanito. A chi lamenta la sparizione di certi mestieri, dicono che all’epoca di Disney a un film in celluloide lavoravano 500 persone. Un film d’animazione in digitale ne richiede 800. Non dovrebbero esserci troppi disoccupati. Servirebbe – in Italia – un po’ di IA per moltiplicare gli spettatori.

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