Se anche da Chicago si chiede di rivoluzionare la Bce
Le inedite tesi dell'economista Luigi Zingales
Della tendenza alla svolta "pragmatica", e a volte interventista o addirittura neokeynesiana, di tanti liberal-liberisti ho scritto lungamente sul Foglio di carta, e ne ho già parlato qui sul blog, segnalando le inedite richieste di intervento alla Banca centrale europea (Bce) giunte da Alberto Alesina e Francesco Giavazzi. Ora anche Luigi Zingales, liberista ortodosso - oserei definirlo -, professore all'Università di Chicago - che per i liberisti un qualche significato simbolico ce l'avrà ancora -, chiede ad Angela Merkel di cambiare ricetta e far diventare la Bce un prestatore di ultima istanza per tirare fuori l'Europa dal pantano.
[...] L'euro è in crisi. La crisi di fiducia non è più limitata ai Paesi periferici, ma si sta estendendo al nocciolo duro: Austria, Finlandia, Germania stessa. Di fronte a una crisi generalizzata dei titoli sovrani, i governi hanno solo una risorsa: l'uso della banca centrale come acquirente di ultima istanza.
Se la crisi non è di insolvenza, ma di illiquidità, l'intervento della banca centrale è sufficiente ad arrestarla, senza costi per l'Unione. Se però si tratta di una crisi di insolvenza, un intervento della Bce può creare inflazione e soprattutto induce i governi nazionali a posticipare il risanamento, trasformando una crisi di illiquidità in una di insolvenza. Angela Merkel aveva ragione quando diceva che la Grecia era insolvente e la Bce non doveva intervenire. Aveva ragione anche quando diceva che l'Italia doveva fare il suo dovere prima di essere salvata. Adesso però che sia la Grecia che l'Italia stanno facendo il loro dovere e la crisi si è spostata sulla Francia e il Belgio, la sua posizione di rigidità diventa eccessiva. Le radiazioni servono a curare il cancro, ma, se si eccede, si uccide il malato.
Il rischio di Angela Merkel è proprio questo. E' molto difficile cambiare una posizione quando questa posizione è stata fin qui corretta. E' ancora più difficile farlo quando questa è la promessa fatta agli elettori. La Merkel e, prima di lei, Kohl promisero ai tedeschi che non avrebbero mai dovuto scegliere tra l'euro e il rischio di inflazione. Fin dall'inizio questa promessa era di dubbia sostenibilità. Tuttavia fino a questo momento è stata una promessa utile non solo dal punto di vista elettorale, ma anche da quello economico, guidando la Merkel a scelte economicamente corrette. Ora che la diagnosi è cambiata, però, questa promessa rischia di diventare come la mitica quota Novanta: propaganda utile per il consenso ma disastrosa per l'economia. Dal coraggio di cambiare ricetta si vede non solo il vero medico, ma soprattutto il vero statista.
Qui tutto l'articolo di Luigi Zingales sull'Espresso di questa settimana.