Non un'"unione fiscale", ma un patto a trazione tedesca
Non è un'"unione fiscale" quella europea ma - come da documenti - un'"unione di stabilità"
Un patto per salvare l'euro c'è, e il tentativo di domare la crisi dei debiti sovrani assomiglia molto ai piani che da settimane aveva in testa la cancelliera tedesca, Angela Merkel. A partire dal nome della destinazione finale verso cui gli stati dell'Ue – con l'(auto)esclusione del Regno Unito e il tempo preso da Ungheria, Repubblica Ceca e Svezia – si sono incamminati: “Unione di stabilità fiscale”. Dove la stabilità è tutto, o quasi. Con un accordo intergovernativo, infatti, e non con il cambiamento tout court dei trattati che alla vigilia del summit era considerata la prima strada da perseguire, 26 stati dell'Ue si sono impegnati su “una nuova regola di bilancio”. In sintesi, due sono i capisaldi della nuova “Schengen dell'euro”, come definita ieri da Berlino: pareggio di bilancio obbligatorio da inserire in Costituzione per i paesi (con “disavanzo strutturale” che non deve superare lo 0,5 per cento del pil) e rafforzamento del controllo occhiuto di un'autorità terza, la Commissione Ue.
La riluttanza della Francia a vedersi sottratta la sovranità nazionale sulla politica fiscale è stata superata di fatto sia con l'intervento della Corte europea di giustizia che dovrà vigilare sull'articolato delle Costituzioni nazionali sia con l'articolo numero 3 dell'intesa: “Non appena alla Commissione risulti che uno stato membro ha superato la soglia del 3 per cento, scatteranno conseguenze automatiche, a meno che la maggioranza qualificata degli stati membri della zona euro sia contraria”. In caso di sforamento della soglia, seguiranno proposte di Bruxelles, raccomandazioni e soprattutto sanzioni, seppure ancora da dettagliare. Così è stato certificato tra l'altro l'avvicinamento della Commissione di Bruxelles alle posizioni di Berlino: non a caso ieri in conferenza stampa José Manuel Barroso è stato esplicito nel parlare di “misure intrusive” nella sovranità statale, come da regolamenti proposti in sordina dalla Commissione a fine novembre.
Assenti dal documento, invece, le proposte sostenute con più forza dal presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, oltre che da vari capi di stato, a partire dagli attesi Eurobond. I titoli di debito garantiti a livello continentale sono da sempre avversati dalla Germania, contraria a condividere rischi con i paesi meno virtuosi.
Leggi qui tutto l'articolo dal Foglio di oggi.