Il downgrade non ci tange perché la Bce aiuta le banche (ma non basterà)
Il declassamento di nove paesi dell'Eurozona non è un male assoluto. Lo dicono gli analisti del colosso americano Bank of America-Merrill Lynch in una nota appena pubblicata
Il declassamento di nove paesi dell'Eurozona non è un male assoluto. Lo dicono gli analisti del colosso americano Bank of America-Merrill Lynch in una nota appena pubblicata. La consapevolezza è che ci sia una probabilità su tre di futuri declassamenti sui debiti sovrani europei e che dopo Standard&Poor's seguirà la scure di Moody's “nei prossimi giorni”. Una prassi consolidata, tanto quanto un futuro declassamento delle banche, che in ogni caso non sarà così devastante come si potrebbe pensare perché la situazione era e rimane delicata.
“Anche tenendo conto di potenziali downgrade sovrani, crediamo che la situazione dei finanziamenti delle banche europee sia migliorata in modo significativo di recente a causa del supporto esterno (leggere Bce, ndr). Detto questo, i piani di austerità potrebbero fare aumentare i costi dei crediti inesigibili delle banche”, scrivono gli analisti che non modificano i consigli di investimento per il 2012 dal momento che “gli investitori ritengono che le banche europee siano ben capitalizzate”, nonostante gli avvertimenti dell'European Banking Authority (Eba) che in base agli stress test chiedeva una ricapitalizzazione complessiva da 115 miliardi di euro. Significativo che Bofa indichi tra le migliori la francese Société Généralé e la britannica Lloyds.
Anche secondo John Greenwood, capo economista di Invesco, il fondo Usa con 629,4 miliardi di dollari in gestione, i downgrade non catalizzeranno l'attenzione degli investitori anche se stanno dando ai giornali un buon motivo per spendere inchiostro. “S&P ha catturato l'attenzione della stampa, ma la decisione adottata a dicembre dalla Banca centrale europea (Bce) di impegnarsi in operazioni di rifinanziamento a lungo termine (triennali), le cosiddette longer-term refinancing operations (Ltro), è probabilmente più importante per i mercati. E questo perché segna una vera e propria svolta nella crisi dell'area Euro”. E' insomma già iniziato ciò che si invoca da tempo: l'allentamento quantitativo da parte della Bce?
Spiega Greenwood, in un report diffuso oggi, che ciascuna Banca centrale ha tre modalità principali con cui allentare le condizioni monetarie ed espandere il proprio bilancio: acquistare valuta estera, acquistare titoli del settore privato o pubblico, concedere prestiti ai governi o alle banche. “Che queste operazioni rientrino nella definizione di quantitative easing è una questione di pura semantica. Il punto fondamentale è che gli acquisti o la concessione di prestiti su larga scala – in questo caso prestiti triennali per un importo pari a 497 miliardi di euro – tendono a ridurre i tassi di interesse del mercato e a incoraggiare le banche a concedere maggiori prestiti”. E' un'operazione utile alle banche che consente di rifinanziare loro stesse che però non risolve del tutto i problemi europei: “Non tengono conto con ogni mezzo di tutti gli aspetti della crisi. In primo luogo – nota Greenwood - non pongono rimedio al problema delle famiglie sovra-indebitate o dei costruttori edili in forte crisi in Spagna, Portogallo e Irlanda. In secondo luogo, non risolvono il problema dell'eccessivo debito sovrano di paesi quali la Grecia o l'Italia. Tutte queste entità continuano a dover tagliare le loro spese e a dover sanare i loro bilanci”.
“In secondo luogo - conclude Greenwood - le banche dell'area euro avranno quasi certamente la necessità di ridurre la dimensione dei portafogli in essere di prestiti e titoli per aumentare ulteriormente la loro solidità patrimoniale. Al contrario delle banche statunitensi e del Regno Unito che hanno ridotto sia le concessioni di prestiti che i finanziamenti interbancari sull'onda della crisi di Lehman, le banche della zona euro non hanno fatto nulla di tutto questo. Tocca ora all'Europa affrontare la stretta del credito”.
Quello della Bce è insomma un "sollievo momentaneo" per le banche "ma né loro, né le famiglie dell'area euro, né le società nè gli stati possono dire di essersi lasciati la crisi alle spalle", conclude Greenwood che per il 2012 prevede altri guai per l'Europa, impegnata ad evitare una seconda e più pesante recessione.
* Euro&Rating, Philippe Huguen/AFP/Getty Images