Fiscal compact? Per Savona va nella direzione errata
Opinioni contrarian sull'ultimo accordo Ue
Un primo passo in avanti, ma non basta. E' il mantra della maggior parte dei commentatori italiani (e non solo) all'indomani dell'approvazione del Fiscal compact, l'accordo intergovernativo tra 25 stati europei per attuare vincoli e controlli più serrati ai conti pubblici del continente. L'economista Paolo Savona la pensa all'opposto: “Il Patto fiscale è un passo indietro rispetto alla direzione che andrebbe presa per uscire da questa crisi. E per questo – dice in una conversazione con il Foglio – ci attendono tempi più difficili”. Fino a quando non si comprenderà che “una nuova architettura politica, non solo economica”, è necessaria.
Savona – una carriera tra servizio studi della Banca d'Italia, direzione generale della Confindustria, accademia e responsabilità di governo – insiste su un punto: “A Bruxelles non è stato affrontato il problema fondamentale dell'area euro. Quello di una moneta unica che agisce in un'area valutaria non ottimale”. Ecco cosa vuole dire in concreto: “La libera circolazione dei beni non vige pienamente, considerate le difese dei vari campioni nazionali messe in campo da ogni stato. La libera circolazione delle persone non è realizzata, non essendoci sufficiente mobilità della forza lavoro nel continente. I capitali di conseguenza, più che circolare, fuggono verso le migliori occasioni”.
Non è detto però che mantenere questa situazione, che numerosi economisti americani indicano come il principale ostacolo che si trova davanti l'Ue per diventare più simile alla federazione degli Stati Uniti, non convenga a qualcuno: “Oggi la Germania ha una bilancia dei pagamenti in avanzo per 150 miliardi di euro, l'Italia un deficit per 75 miliardi e l'Euroarea nel suo complesso è in deficit per 50 miliardi”. La bilancia dei pagamenti registra le transazioni economiche che avvengono ogni anno tra imprese, istituzioni o persone fisiche di un paese con gli stessi soggetti di un altro paese, e l'incredibile avanzo tedesco è “la dimostrazione che l'euro è sottovalutato per la Germania, che ovviamente se ne avvantaggia per alimentare le sue esportazioni, mentre per gli altri è sopravvalutato”. Altro che unione monetaria, funziona come il nord e il sud dell'Italia – è il ragionamento di Savona – “la Germania ogni anno parte avvantaggiata e il suo sviluppo è più semplice”. Senza contare che il nuovo Fiscal compact imporrà all'Italia, nel capitolo conti pubblici, un rapido rientro per deficit e debito. L'intesa raggiunta due giorni fa e che andrà finalizzata a marzo, potrebbe replicare qualcuno, non fa però che ribadire quegli impegni su deficit e debito che l'Ue ha già preso attraverso la legislazione comunitaria, il cosiddetto Six Pack: “Il problema è che quei vincoli erano già troppo gravosi”, è – non da oggi – la tesi di Savona.
Ricapitolando, “il libero mercato nell'Ue non esiste, come dimostra il vantaggio strutturale di Berlino rispetto agli altri paesi”, “la libera circolazione di beni, persone e capitali è limitata”, e ora “il Fiscal compact aumenta le rigidità della politica fiscale, l'unica leva che era rimasta nelle mani dei governi per compensare tutti questi squilibri”. Risultato: “Il nostro paese è eterodiretto”, e solo “una nuova architettura politica” potrebbe sanare così tanti punti di debolezza. Servirebbe un dibattito a questo livello, “che finora in Italia è mancato”, in modo che i cittadini “possano rendersi responsabili delle scelte del loro governo, sapendo e decidendo cosa sono disposti a fare per restare nell'unione monetaria, e cosa sono pronti a fare per uscirne”.
In un panorama piuttosto sconfortante, non manca qualche eccezione: “La Banca centrale europea – osserva l'economista – soprattutto con Mario Draghi ma già nell'ultimo periodo di presidenza di Jean-Claude Trichet, sta facendo buon uso della sua indipendenza, con una politica monetaria più espansiva”. Inoltre i capi di governo a Bruxelles hanno iniziato a parlare di crescita, fino a prospettare un uso più efficace dei fondi comunitari per rilanciare l'occupazione: “Ma su questo ci sono soltanto promesse”. Conclude Savona: “Veramente il presidente del Consiglio, Mario Monti, crede che in questo habitat deflazionistico possano funzionare le sue misure per la crescita? Mi auguro di avere torto, ma ho il sospetto di non avercelo”.