Draghi? Americano sulla moneta, merkeliano sui conti

Marco Valerio Lo Prete

    Tutt'altro che ortodosso quando si tratta sulla politica monetaria, come hanno dimostrato le operazioni non convenzionali della Bce di questi ultimi mesi, sulla politica fiscale Mario Draghi non sfida troppo Angela Merkel, come dimostra il parere appena pubblicato dall'Eurotower sui regolamenti della Commissione Ue “per una governance rafforzata dell'Economia dell'Eurozona”.

    La Bce “dà il benvenuto” a queste indicazioni, ma subito dopo propone di “rafforzare ulteriormente” la disciplina di bilancio per gli stati dell'euro e di “intensificare ulteriormente” la sorveglianza sui paesi la cui stabilità finanziaria è a rischio. In una nota dettagliata,  lunga 26 pagine e firmata dallo stesso Draghi, l'Eurotower spiega anche come fare. Essenzialmente limando l'uso del condizionale, da sostituire dove si può con l'imperativo (“may” diventi “shall”, si consiglia nella nota), e poi  rendendo più facile il ricorso alle sanzioni decise direttamente da Bruxelles.

    Musica per le orecchie dei tedeschi che, dall'inizio della crisi dei debiti sovrani, si sono mostrati poco fiduciosi della volontà degli altri paesi di limitare il ricorso alla spesa in deficit, e per questo vedono di buon occhio una progressiva sottrazione della politica fiscale dalle mani degli stati membri. Secondo la Bce, gli stati dovrebbero far conoscere alla Commissione non soltanto la legge finanziaria dell'anno successivo, ma anche “i piani fiscali a medio termine”. Inoltre l'Eurotower consiglia di specificare meglio le condizioni che si dovranno verificare per consentire alla Commissione di emettere un giudizio sui bilanci che le vengono sottoposti. Ai “fiscal council” indipendenti che saranno costituiti in ogni paese andrebbe poi assicurato il potere non solo di “monitorare” ma anche di “valutare” l'operato dei governi.

    Per quanto riguarda gli stati che attraversano “gravi difficoltà finanziarie”, l'attuale bozza di regolamento prevede che il Consiglio dell'Ue “può raccomandare” a un paese di richiedere assistenza finanziaria all'Ue o ad altre organizzazioni internazionali, oltre a un programma di aggiustamento strutturale; la Bce chiede che la formula cambi così: “Il Consiglio ‘deve' raccomandare”. Infine, per aumentare la “pressione” sui paesi meno rigorosi, Draghi propone che le situazioni-limite siano discusse e rese pubbliche sia dall'Eurogruppo che dal Consiglio Ue. Sull'austerity, dunque, per ora Draghi non scontenta troppo Berlino.

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