Qualche verità attorno al "modello tedesco"

Marco Valerio Lo Prete

Oggi anche Rep. si schiera per il "modello tedesco". Ma sicuri che vi piacerebbe così tanto?

    Da Raffaele Bonanni (Cisl) a Bersani, ora è un fiorire di richieste del tipo “si faccia come a Berlino”. Al punto che perfino il pensoso germanista Gian Enrico Rusconi, sulla Stampa di venerdì, confondeva la “concertazione” italiana con la “compartecipazione” dei lavoratori made in Deutschland. Secondo i critici della riforma Fornero, in Germania resta possibile per il giudice reintegrare il lavoratore nell'impresa, invece di indennizzarlo e basta. Al di là della nota aneddotica sulla severità dei giudici teutonici in caso di licenziamenti “disciplinari”, c'è da dire che pure nei casi di licenziamenti “economici” il ruolo del giudice nella prima economia d'Europa è ben poca cosa. Secondo il think tank di Monaco Cesifo, solo l'11 per cento dei lavoratori licenziati ritiene di dover adire i tribunali. Questo è dovuto ad almeno due fattori: primo, in caso di difficoltà economica dell'impresa i sindacati giocano un ruolo preventivo nell'individuazione dei lavoratori da licenziare in base a criteri trasparenti; secondo, anche in base a una riforma del 2004, la via della conciliazione con il datore di lavoro, finalizzata al pagamento di un indennizzo per il lavoratore in esubero, resta la via preferita dalle parti.

    Senza scordarsi che il successo tedesco deve molto alle riforme di struttura approvate nei primi anni 2000 dalla commissiomne Hartz, che hanno introdotto sgravi fiscali per contratti part-time o a tempo determinato, snellendo allo stesso tempo il regime di sussidi di disoccupazione. Se poi la sinistra intende seguire fino in fondo Berlino, bisognerà pur ricordare che solo il 2 per cento delle cause di lavoro tedesche dura più di un anno.

    Non solo: dal 2000 a oggi, i sindacati tedeschi, d'accordo con imprenditori e governi, hanno impresso al paese la più robusta moderazione salariale che si sia vista in tutta l'Ue, per tutelare produttività e occupazione. Dal 2000 a oggi i salari a Berlino sono aumentati del 5 per cento, contro il 25-35 per cento del resto dell'Ue. Bersani e Bonanni sono pronti per il “modello tedesco”?

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