Gli studi legali pubblicizzano il fisco di Cameron
Oggi è soprattutto la politica fiscale di David Cameron a tentare gli imprenditori italiani.
Oggi è soprattutto la politica fiscale di David Cameron a tentare gli imprenditori italiani, al punto che alcuni studi tributari del nostro paese ormai pubblicizzano apertamente i vantaggi offerti da Londra. E' quanto avvenuto per esempio durante un workshop organizzato di recente nella City dallo studio milanese Belluzzo & Associati e rivolto agli imprenditori italiani. In quell'occasione gli analisti hanno ricordato innanzitutto come l'ultimo schema di tassazione previsto dalla Finanziaria del governo conservatore di Cameron abbia fatto passi avanti per rendere ancora più attraente la terra britannica. Tra le innovazioni c'è la progressiva diminuzione del prelievo sul reddito delle società, la Corporate income tax (paragonabile all'Ires italiana), che dal 24 per cento odierno arriverà nel 2015 ai minimi storici per la Gran Bretagna, ovvero il 22 per cento, mentre in Italia supera il 27 per cento. In aggiunta è stata prevista, a partire dall'aprile 2013, una tassazione agevolata al 10 per cento per le aziende che registrano un nuovo brevetto nel Regno Unito. “Tutto questo sta assolutamente attirando imprenditori sani che vogliono fare business in Inghilterra”, spiega Alessandro Belluzzo, manager dello studio legale Belluzzo & Associati di Milano. Durante il seminario, i confronti con il regime fiscale italiano sono espliciti: oltre alla corporate tax, spicca la differenza complessiva tra il rapporto tasse/pil italiano (quasi al 45 per cento) e quello inglese (sotto il 35 per cento).
L'atteggiamento dei governi ovviamente conta. Così mentre Cameron, si è dimostrato nei workshop, è “impegnato a riformare il regime fiscale inglese facendolo diventare il più competitivo all'interno del G20”, oggi in Italia “l'azione dell'esecutivo è concentrata sull'aumento del gettito fiscale, anche a costo di prendere ‘scorciatoie'”. “L'azione governativa è positiva – conclude Belluzzo – ma l'Italia impiegherà anni a riprendersi e nel frattempo è necessario investire all'estero dato che il sistema-paese è bloccato. Con l'Italia resta un forte legame affettivo che con il pragmatismo britannico può anche creare valore di ritorno. Gli imprenditori sono rimasti italiani col cuore, ma diventati inglesi col cervello”.