Consigli bocconiani a Monti per mettere in riga le Regioni
Per limare le unghie alle regioni italiane, il governo non ha bisogno di attendere la spending review. La spesa sanitaria, per esempio, può già essere razionalizzata facendo funzionare gli strumenti legislativi oggi in vigore
Intervista apparsa sabato 12 maggio sul Foglio di carta
Per limare le unghie alle regioni italiane, il governo non ha bisogno di attendere la spending review. La spesa sanitaria, per esempio, può già essere razionalizzata facendo funzionare gli strumenti legislativi oggi in vigore. Parola di Francesco Longo, professore di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche alla Bocconi e già direttore del Cergas (Centro di Ricerche sulla Gestione dell'Assistenza Sanitaria e Sociale) dello stesso ateneo milanese. In una conversazione con il Foglio, Longo esordisce sfatando l'immagine di una sanità quasi in bancarotta: “I conti nel complesso sono sotto controllo. La spesa pubblica per le cure degli italiani si aggira attorno ai 106 miliardi di euro, ancora al di sotto della media Ue sia in termini pro capite che rispetto al pil”. Eppure il governo ha indicato quella della sanità come una voce fondamentale della spesa pubblica “aggredibile”, finora difesa da governatori, consigli regionali, industria dei farmaci e delle attrezzature (“mix non banale” lo ha definito Piero Giarda, ministro per i Rapporti con il Parlamento). “Ovunque si può migliorare – ammette Longo – anche se la battaglia all'inefficienza prosegue positivamente da anni e quindi per ottenere costi più bassi vanno piuttosto assunte scelte tutte politiche”. Tagliare i benefit garantiti ai cittadini non è facile, lascia intendere l'economista, ma prim'ancora si potrebbe “sanare la posizione di alcune regioni i cui bilanci restano effettivamente in rosso”.
Il centro di ricerche Cergas della Bocconi ha appena pubblicato l'ultima versione del “Rapporto Oasi”, dal quale emerge “forte preoccupazione” per il fatto che tre regioni da sole – Lazio, Campania e Sicilia – hanno prodotto il 69 per cento sia del disavanzo sanitario del 2010 che del disavanzo cumulato 2001-2010. Il rosso, per queste tre regioni, ammontava a 1,6 miliardi di euro nel 2010 (ultimi dati disponibili). Questo ovviamente ha un peso per i conti pubblici, ma anche per le imprese – visto che i tempi di pagamento dei fornitori aumentano – e soprattutto per i “‘debiti impliciti' di cui dovranno farsi carico le future generazioni sotto forma di maggiori spese e/o minori servizi”. “La mannaia dei tagli uguali per tutti sarebbe ingiusta, oltre che inefficiente”, spiega Longo. “La spending review in questo settore – osserva l'economista – potrebbe finire per aggiungere meccanismi di revisione e creare confusione istituzionale”.
Il problema, piuttosto, è che l'istituto del “commissariamento” pensato per riportare i conti in equilibrio oggi non funziona: “Innanzitutto, il governo deve poter nominare commissari indipendenti dalla sanità e dalla politica locale, e non solo subcommissari per quanto estremamente abili”. Attualmente, infatti, Renata Polverini è per esempio governatore del Lazio, regione commissariata per il suo deficit, e allo stesso tempo commissario straordinario per la sanità laziale. “Inoltre – continua Longo – ai commissari straordinari va assegnato pieno potere sugli assessorati competenti e su eventuali agenzie sanitarie. Sempre i commissari devono poter nominare i direttori generali delle Asl, e questi ultimi devono avere un mandato almeno triennale, più dei 3-6 mesi attuali. Questo governo tecnico ha le carte in regola per fare le migliori nomine e ridurre le inefficienze facendo rispettare norme già oggi in vigore”.
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