O Hamilton, o inflazione o...

Marco Valerio Lo Prete

    L'Unione europea "deve cambiare rapidamente", lo status quo - anche senza chissà quali impennate di spread o chissà quali peggioramenti del pil - porta alla dissoluzione del progetto politico ed economico del Vecchio continente. Sarà una morte di consunzione, tra un vertice inconcludente e un altro ancora più inconcludente, tra una manifestazione di piazza violenta e un'altra ancora pià violenta. A differenza degli Stati Uniti e della loro "forte unione federale", scrive Martin Wolf sul Financial Times di oggi, l'Europa non reggerebbe l'urto proprio a causa del suo attuale carattere incompiuto: "Se i paesi membri fronteggeranno deflazione da debito e depressione un anno dopo l'altro, l'euro diventerà simbolo detestato di un progressivo impoverimento". E' questa l'urgenza di cui scrive oggi Martin Wolf. Che poi ipotizza due soluzioni (se si vuole evitare la terza: la fine dell'euro).

    La prima consiste nel mettere in pratica la lezione di Alexander Hamilton, primo segretario al Tesoro americano (parliamo di fine '700): "Egli si confrontò con una sfida non dissimile quando ebbe a che fare con i debiti creati dagli Stati durante la Guerra d'indipendenza. Hamilton usò i poteri della (seconda e centralizzante) Costituzione per assumere sulla Federazione questi debiti ed emettere invece nuovo debito federale. Nel lungo periodo emerse così il moderno sistema federale statunitense, con i tetti all'indebitamento degli Stati, una Banca centrale (arrivata al terzo tentativo) e un bilancio federale in grado di stabilizzare all'occorrenza l'economia". Quel che colpisce è che sempre più economisti e analisti, di questi tempi, si mettano a citare un uomo politico americano come Hamilton (ripeto, del XVIII secolo) per trovare una soluzione alla crisi attuale dell'euro. Perché? Perché forse un'unione maggiormente integrata aiuterebbe - con un regime di solidarietà non dissipatore ma equilibratore - a superare le difficoltà attuali? Martin Wolf dice di sì, poi spiega che al momento questo percorso non è però realistico per le varie opposizioni in campo, innanzitutto perché l'attuale ibrido europeo ha fatto sì che il continente si dividesse tra creditori e debitori e in tempi di crisi la posizione dei "creditori" (leggi: la Germania) è quella avvantaggiata e più forte.

    Seconda alternativa, allora: rendere più rapido l'aggiustamento degli squilibri interni all'Ue. Come? "La risposta è quella di farlo attraverso una ripresa briosa dell'economia, una maggiore crescita dei salari e dell'inflazione nei paesi 'core' rispetto ai paesi indeboliti della periferia. La strategia per questo livello di crescita richiesto non è decisamente questione da affidare alle sole politiche dell'offerta". Non perché le riforme strutturali non vadano fatte, sostiene Wolf, ma perché se il tempo richiesto è tanto (come è), si torna all'assunto di partenza: in questo stato l'Europa muore di consunzione prima di tornare a crescere. Dal 2008 al 2017 - secondo il Fmi - il pil nominale dell'Eurozona crescerà soltanto del 20 per cento, quasi la metà di quanto accaduto tra 1999 e 2008 (quando già la crescita reale non era altissima, ma al 2 per cento). 

    Leggi anche:
    1) Le lezione americane (di Hamilton) per l'Ue di Marco Valerio Lo Prete
    2) L'unione dei debiti fa la forza. Così Hamilton convinse le Tredici colonie a diventare Stati Uniti di Alessandro Corneli
    3) Tutti invocano un'Unione più perfetta, Berlino (un po') meno (23/05/12)