Consigli per liberali temerari (ma non cazzoni)
I suggerimenti del Centre for Policy Studies a Cameron per rifondare la destra. Una lezione per i colleghi italiani
“There is much more to government than management”, governare vuol dire molto più che amministrare. Per governare con successo occorre infatti vincere battaglie culturali come quella per la riabilitazione del libero mercato e per l'affermazione dell'individuo rispetto allo strapotere delle imprese private e dello stato. Se questo è l'avvertimento che le teste d'uovo conservatrici del Centre for Policy Studies hanno appena rivolto al premier inglese David Cameron, figurarsi se i loro consigli non possano tornare utili per una destra di lotta e di governo – insomma “cazzona” (cit.) – come quella italiana.
L'obiettivo di Tim Morgan – analista finanziario, stratega politico e autore de “The quest for change and renewal” – è tutto nel sottotitolo del pamphlet: “Come riempire il gap ideologico del centro-destra”. Perché la certezza di fondo è che “la presenza di una visione ideologica, largamente accettata dall'elettorato, è d'obbligo se un qualche sostegno pubblico dev'essere assicurato a riforme di ampia portata”. Un esecutivo, per essere giudicato “di successo”, deve rispettare due criteri: primo, garantire una buona amministrazione (economia in espansione, servizi pubblici di qualità, conti pubblici in ordine, difesa della nazione); secondo, invertire il senso del modo di pensare comune nell'opinione pubblica. Il Centre for Policy Studies, nel suo studio, non si dilunga troppo sui problemi di amministrazione – quelli ci sono e sono enormi, sostiene Morgan, a causa di una recessione economica senza precedenti –, piuttosto si preoccupa di ricordare che un esecutivo o procede parallelamente sui due binari (amministrativo e ideale) oppure è destinato a deragliare al primo bivio elettorale.
Sono necessarie dunque cartucce intellettuali per una sfida che in passato fu già vinta, per restare alla storia della più longeva democrazia del pianeta, dal laburista Clement Attlee (1945-51) o dalla conservatrice Margaret Thatcher (1979-1990). Attlee, subito dopo la Seconda guerra mondiale, chiarì di non voler tornare alla politica del “business as usual” che aveva caratterizzato la fase successiva alla Prima guerra mondiale; mobilitò invece l'elettorato per battere “bisogno, malattia, ignoranza, squallore e indolenza”, con un piano di welfare, nazionalizzazioni e politiche keynesiane. Il tandem buona amministrazione-buoni ideali è alla radice poi del successo della Thatcher: la Lady di Ferro propose privatizzazioni, deregulation, meno tasse, collocando però queste scelte all'interno di una “ideologia coerente” che intendeva ristabilire un sano equilibrio tra stato troppo invadente e individuo troppo oppresso (“ideologia coerente” che lo stesso Centre for Policy Studies contribuì a forgiare). Secondo Morgan, invece, il laburista Tony Blair non ha fatto altro che creare un'ideologia “sintetica”, abile mix tra welfarismo di Attlee e mercatismo di Thatcher.
Insomma, cosa dovrebbero fare oggi Cameron e tutti i conservatori? Innanzitutto non tirarsi indietro e sfidare la sinistra su questo campo di battaglia intellettuale. La situazione del Regno Unito, sotto molti aspetti negativi, ricorda quella dell'Italia: istituzioni screditate (“Parlamento incluso”), rabbia diffusa contro i più ricchi, facilità nell'individuare le riforme strutturali necessarie e difficoltà a implementarle. Il primo obiettivo è quindi “riabilitare il capitalismo”, inteso soprattutto come “libero mercato”: quello vigente oggi si è “imbastardito”, la crisi infatti è stata generata dalla voglia irrefrenabile di formare cartelli e monopoli, ingabbiare i regolatori, nascondere le informazioni al consumatore. Il capitalismo deve “servire ciascuno di noi”, e tutte le misure che avvicinano questo obiettivo devono essere perseguite e pubblicizzate: più poteri agli azionisti, introduzione di procedure di fallimento per le istituzioni finanziarie troppo grandi, prevenzione delle bolle speculative (immobiliari o finanziarie che siano), contratti più chiari e con meno clausole nascoste di tipo vessatorio, trasparenza e meritocrazia.
Per convincere la gente, inoltre, non bisogna aver paura di portare il confronto su un piano “etico”, sfidando parole d'ordine inculcate da anni di blairismo. Gli eccessi causati da un generico egualitarismo sono noti: “Una società che se la prende con il successo è una società che rinnega il conseguimento di obiettivi con impegno e abilità, e una società che è antitetica all'impegno è una società che, consapevolmente o meno, ha scelto una strada di rapido declino economico”. Il report del Centre for Policy Studies si trasforma a questo punto in un manuale del politico provetto: quando oggi si sente parlare dell'“imperativo di proteggere i diritti dei lavoratori”, suggerisce Morgan, bisognerebbe ricordare che in realtà s'intende “proteggere i privilegi di quelli che già hanno un lavoro, anche se ciò rende più difficile per i disoccupati trovare un'occupazione”. E via altri esempi.
Infine, la mossa decisiva del conservatore 2.0 – la “killer app”, per usare la metafora informatica del report – è quella di “difendere le libertà individuali dalle incursioni sia della macchina statale che dagli interessi delle corporation private”. E' l'unico modo per corrispondere – in modo non populistico – alla sensazione sempre più diffusa nella popolazione che la società sia divisa tra “noi” e poi “loro”, quelli sempre più ricchi e potenti: disincentivare spese folli delle istituzioni pubbliche, bloccare intrusioni come le intercettazioni telefoniche (da parte dei media, nel Regno Unito), annichilire la corruzione nelle forze di polizia e promuovere trasparenza nell'attribuzione dei super stipendi. L'austerity fiscale è nulla senza la crescita. Però austerity e crescita diventano un miraggio senza una preventiva battaglia per conquistare “cuori e menti” degli elettori a favore di riforme impopolari (ma non anti popolari). La destra italiana, che anche solo per assicurare il minimo sindacale di rigore fiscale ha dovuto appoggiare un governo di tecnici, traduca e prenda appunti.
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Qui il testo integrale (in inglese) del report del Centre for Policy Studies