Il vero segnale di Draghi ai mercati, letto con calma

Marco Valerio Lo Prete

La svolta è che ora Berlino sa che a Francoforte sta cambiando la lettura dominante della crisi. Lo confermano le parole di Ignazio Visco (Banca d'Italia) e Lucrezia Reichlin (ex Bce), come anche un fresco rapporto del Fmi

    Giovedì il presidente della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi, ha parlato e - al di là delle misure annunciate o del saliscendi delle Borse - sul Foglio di sabato ho scritto: "Lentamente ma sicuramente, anche le principali istituzioni finanziarie internazionali ora contestano la diagnosi della leadership tedesca sulla crisi dell'Eurozona. Il Fondo monetario internazionale ieri, e la Banca centrale europea due giorni fa, infatti, hanno falsificato apertamente alcuni degli assunti teorici che giustificano l'approccio nazional-nazionalistico di Berlino, quello dell'austerity fine a se stessa, dei “compiti a casa” da svolgere ciascuno per conto proprio, quello dei veti opposti a ogni soluzione che comporti una significativa condivisione di rischi e responsabilità". E in particolare una frase di Draghi mi ha fatto pensare a una possibile "svolta" in corso: "Il numero uno dell'Eurotower, in conferenza stampa, non ha detto genericamente che “gli attuali livelli dello spread sono inaccettabili”, come sintetizzato da alcune agenzie stampa, ma che “quei premi per il rischio (sui titoli governativi, ndr) che sono collegati alle paure sulla possibile fine dell'euro sono inaccettabili e devono essere affrontati”. Detto altrimenti: caro Weidmann, cara Berlino, non tutto lo spread, oggi come oggi, è meritato. Una parte del rischio percepito dagli investitori dipende dalle debolezze sistemiche del sistema euro e non dallo scarso impegno rigorista di Italia, Spagna, etc. Ergo: per fugare questi dubbi serve un intervento sovranazionale, anche da parte della Bce".

    Intervistato oggi su Repubblica dal vicedirettore Massimo Giannini, il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, mi pare avallare con enfasi questa lettura della svolta della Bce. Ecco infatti qual è, secondo il governatore, la notizia più importante nelle parole di Draghi: "Nella decisione di giovedì scorso ci sono tre elementi fondamentali, che vanno sottolineati. Il primo: c'è stato un riconoscimento unanime sul fatto che una parte importante dei differenziali tra i tassi d'interesse sovrani di alcuni paesi, i cosiddetti spread, riflette soprattutto i timori di un break-up, una dissoluzione, dell'euro, e quindi qualcosa di "esogeno" rispetto ai fondamentali dell'economia degli stessi paesi, cioè le dinamiche del debito pubblico e del disavanzo, i livelli di crescita e così via. E poi c'è stato il riconoscimento del fatto che anche questa componente "esogena", non legata ai fondamentali, dipende a sua volta dai comportamenti dei governi e delle istituzioni europee: tanto più questi comportamenti dimostrano la convinzione che l'euro è una conquista irreversibile, tanto più si riducono i premi per il rischio, e quindi i rendimenti di stato e i differenziali tra un paese e l'altro". Non era un traguardo già acquisito, a livello politico e tecnico?, chiede Giannini. "Niente affatto. Non lo era", replica Visco.

    Lettura sovrapponibile a quella che offre oggi sul Corriere della Sera Lucrezia Reichlin, economista, e soprattutto con un passato all'Eurotower: "Giovedì a Francoforte è successo qualcosa di importante che chiarisce come agirà la Banca centrale europea nei prossimi mesi. I dettagli non sono ancora definiti, ma il quadro generale lo è. (...) Tali interventi trovano la propria giustificazione in un'analisi secondo cui le differenze tra i tassi non rifletterebbero solo la capacità dei paesi di rispettare gli obblighi con i creditori, ma sarebbero anche il sintomo di una sfiducia di questi ultimi sulle possibilità di sopravvivenza dell'euro. La sfiducia sarebbe verso l'insieme dell'Unione e verso i mezzi che si è data per combattere quella crisi finanziaria che ha colpito non solo noi ma tutto il mondo. A differenza di quanto dice la parte più conservatrice dell'establishment tedesco, la Bce ammette quindi che l'azione del mercato genera tassi di interesse distorti che vanno corretti".

    E giovedì, mentre avveniva questo "cambio di paradigma" all'Eurotower, registrato con non poca enfasi da Visco e Reichlin, anche il Fmi si preparava a pubblicare un rapporto nel quale sostiene - per la prima volta apertamente, e correggendo se stesso - che buona parte dello spread lo dobbiamo a un problema sistemico della costruzione dell'euro, non tanto alla condotta moralmente condannabile di alcuni singoli paesi. Quanto questa nuova lettura ci metterà a imporsi sulle scelte di politica economica è ancora da capire, eppure il passaggio di fase è di quelli importanti.