Un report inedito sulle sorti di Finmeccanica

Marco Valerio Lo Prete

E' dell'Istituto Niccolò Machiavelli, diretto da Francesco D'Arrigo

    Le trattative tra la società inglese Bae Systems e la franco-tedesca Eads potrebbero concludersi con “la fusione del decennio” e dare vita a un colosso privato della difesa e dell'aerospazio con oltre 70 miliardi di euro di fatturato. Eppure, in un settore così strategico, i governi non potevano restare a guardare. Ieri il ministro tedesco della Difesa, Thomas de Maizière, dal Consiglio Ue di Cipro ha detto di aver avuto “discussioni costruttive” con i suoi omologhi inglesi e francesi. Poi ha mandato un messaggio alle due società che intendono chiudere i negoziati entro il 10 ottobre: “Credo che avremo bisogno di più tempo”. La trattativa, insomma, è tra corporation, ma le capitali ci tengono a dire la loro: chi per difendere un settore strategico, chi per tutelare l'occupazione, chi per salvaguardare l'accesso al mercato americano. Al punto che Berlino, Parigi e Londra, secondo la Tribune, starebbero ora raggiungendo un agreement sulla distribuzione del capitale nella nuova entità: se la fusione tra Bae e  Eads andrà in porto, nessun azionista avrà più del 15 per cento del capitale. Non solo: le cancellerie avranno una sorta di “golden share” per impedire scalate ostili del nuovo gruppo, ma non potranno influenzare la gestione del gruppo.

    E il governo italiano, azionista di Finmeccanica (player mondiale in aerospazio, difesa e sicurezza), come si sta muovendo? Per ora in maniera flemmatica, osservava ieri anche il Corriere della Sera in un puntuto editoriale: “Il processo di riorganizzazione dell'industria europea si è rimesso in moto, chiamando in causa i governi dei principali paesi – ha scritto Michele Nones – In Italia governo e Parlamento sembrano, invece, completamente distratti”. La flemma dell'esecutivo, secondo il quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli, sarebbe dunque eccessiva. Anche perché, si legge in un report che sarà pubblicato la prossima settimana dall'Istituto Niccolò Machiavelli (il cui chairman è l'ammiraglio Marcello De Donno, presidente di AgustaWestland Italia, società di Finmeccanica), l'esito della fusione Bae-Eads influenzerà eccome il futuro del gruppo di Piazza Montegrappa. Secondo il think tank, diretto da Francesco D'Arrigo, l'intenzione di fondersi resa nota da Bae ed Eads lo scorso 12 settembre “è di portata eccezionale per le sue implicazioni economiche, politiche e industriali”. Perciò un capitolo dello studio – scritto da Andrea Gilli – è dedicato alla ricaduta italiana del possibile merger: “Con la fusione di Bae e Eads, il mercato europeo verrebbe dominato da un colosso di 70 miliardi di euro. Difficile pensare che Thales (società francese, ndr) e Finmeccanica possano stare a guardare”.

    Le opzioni per la società controllata dal Tesoro sarebbero essenzialmente due: “O perseguire un'espansione solitaria sfruttando le restanti opportunità domestiche e i mercati stranieri, oppure cercare una partnership”. Nel primo caso si tratterebbe di replicare la strategia già utilizzata da Agusta, che in passato acquistò Westland (Uk), espandendo ora le attività navali e terrestri di Finmeccanica. Rafforzando per esempio la cooperazione di Fincantieri con la tedesca Dcns (fregate) e la tedesca Tkms (sottomarini). “Un'espansione in questa direzione – si osserva però nel report – non garantirebbe sempre la leadership italiana. Ciò potrebbe mettere i vertici dell'azienda (e il governo, con la sua quota di controllo) di fronte a scelte nette”. L'alternativa è quella di cercare una fusione con Thales, società francese anch'essa esclusa dall'alleanza tra Bae e Eads. In questo caso l'interrogativo è un altro: come la prenderebbe Washington? C'è il rischio che gli Stati Uniti possano imporre a Finmeccanica di vendere le sue partecipate americane (come Drs Technologies) per non permettere a un gruppo a partecipazione francese di penetrare il suo mercato militare.

    Resta di per sé significativo il presupposto da cui origina il ragionamento del think tank presieduto dall'ammiraglio De Donno: se l'obiettivo è tutelare il futuro di Finmeccanica, allora l'inerzia italiana di fronte alle trattative dei colossi franco-tedeschi non è nemmeno un'opzione da prendere in considerazione. In maniera meno diretta lo sostiene anche un report della banca francese Bnp Paribas che circola da 48 ore tra gli addetti ai lavori: “L'influenza dei governi” è il fattore decisivo nel nuovo assetto europeo dell'industria della difesa, anche perché Germania e Francia, nei loro pourparler, fanno pesare i timori per le ricadute su tutte le aziende nazionali del settore (Dassault, Ohb e Tkms per esempio) e non solo su quelle direttamente interessate alla fusione. La domanda che circola tra gli osservatori è: il governo italiano si sta muovendo con altrettanta decisione?