Monti risparmia sul solare e Pechino piange

Marco Valerio Lo Prete

    L'industria cinese dei pannelli solari è come "un paziente in stato comatoso", e questo un po' dipende anche dall'Italia. A utilizzare quest'espressione per descrivere lo stato di salute di un settore (che fu) trainante dell'export di Pechino è stato un alto dirigente del regime comunista, Li Junfeng, vice direttore dell'istituto di ricerca sull'energia della Commissione nazionale di sviluppo e riforma. Sovraccapacità produttiva e prezzi dei pannelli in calo anche del 30 per cento a livello mondiale, questi i problemi che affliggono gruppi come Suntech (prima società al mondo), Trina, Yingli e Ldk Solar. Gli Stati Uniti recentemente hanno contrastato i gruppi cinesi accusandoli di fare dumping, ma ora anche dall'Europa - complici le difficoltà di far quadrare i conti pubblici - arrivano cattive notizie per Pechino.

    Agli addetti al settore non è sfuggito per esempio un'affermazione del presidente del Consiglio, Mario Monti, durante la conferenza stampa dello scorso 16 ottobre durante la quale è stata comunicata l'approvazione del documento di programmazione e indirizzo della strategia energetica nazionale. Ecco cosa ha detto Monti a un certo punto, improvvisandosi giornalista:

    Possso fare io una domanda ai ministri? Potreste dire una parola in più, perché io l'ho trovata molto interessante, sulla tipologia di distorsioni che venivano arrecate dagli incentivi sulle rinnovabili da noi aboliti o rimodulati poco tempo fa? Perché quegli incentivi hanno rinnovato anche delle cose che non sono proprio 'energie' e sono aspetti del costume italiano, forse, che sono stati influenzati negativamente da quel tipo di incentivi.

    Il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, risponde, ricordando che stiamo parlando di "160-170 miliardi di euro di incentivi impegnati per 20 anni e pagati dai cittadini", tra l'altro per "impianti non sempre necessari". Ma non è soltanto questione di austerity, pare:"E' stato rimodulato il disegno degli incentivi sulle energie rinnovabili per premiare di più, e soprattutto - ha detto Passera - energie italiane, mentre nel caso delle tecnologie precedenti erano più che altro cose di importazione".

    L'importazione alla quale fa riferimento Passera è soprattutto quella del made in China. Ecco infatti cosa scriveva qualche mese fa, con notevole spirito premonitore, l'Istituto Niccolò Machiavelli, sul sito del Foglio:

    Ad esempio, nel fotovoltaico italiano, aziende cinesi (come LDK Solar) avviano particolari joint venture con imprese nazionali fornitrici di pannelli solari. Sfruttando il marchio delle seconde, le prime "mascherano" la loro egemonia "a monte" (disponibilità della materia prima, il silicio, e nella produzione di celle fotovoltaiche), fase strategica per i forti profitti esistenti. A "monte" le aziende italiane sono invece deboli per la scarsa conoscenza tecnologica e per la limitata disponibilità di materie prime. La Cina ottiene, in tal modo, una maggiore autonomia distributiva sul territorio nazionale (accesso diretto alla clientela) e lo sfruttamento delle incentivazioni statali nel comparto (in Italia superiori alla media europea). 
In Europa, l'attuale trend è orientato al contenimento degli aiuti, considerando il fotovoltaico non più come industria nascente. Anche in Italia seguire un tale trend (riducendo gli incentivi) contribuirebbe, oltre a rafforzare il mercato interno (aumentando la selezione basata sulla concorrenza), anche a tutelarlo dall'IE straniera (cinese e russa, in particolare) riducendo l'interesse speculativo per i significativi incentivi concessi.

    Ora Monti sta seguendo la nuova tendenza europea, quella che porta alla riduzione degli incentivi a pioggia. E in Cina, c'è da starne certi, non faranno i salti di gioia.