I tecnici merkeliani confutano il Fmi e le teorie anti austerity

Giovanni Boggero

    Mentre in tutta Europa si fa strada l'idea che il risanamento dei conti pubblici debba essere mitigato o comunque rallentato, in Germania, a poco più di sei mesi dal voto per le elezioni federali, parte la riscossa teorica contro il Fondo monetario internazionale e quanti dubitano che il rigore possa davvero essere un motore di crescita. Nel suo ultimo rapporto mensile, pubblicato questa settimana, il ministero delle Finanze tedesco torna sul tema che da tempo divide gli economisti di ogni scuola, ovvero gli effetti del consolidamento fiscale sulla crescita economica. Nell'ottobre scorso, nel suo World Economic Outlook, il Fondo monetario aveva infatti presentato i risultati di una ricerca sul cosiddetto “moltiplicatore fiscale”, cioè sul rapporto tra riduzione del deficit pubblico e il conseguente effetto sul pil. Sulla base dei dati di ventotto economie dallo scoppio della crisi fino a oggi, il Fmi aveva individuato il valore del moltiplicatore in una stima compresa, a seconda dei casi, tra meno 0,5 e meno 1,7. Insomma, per il Fmi, la ricetta tedesca, anziché consentire una rapida uscita dalla crisi, ne sta producendo un aggravamento.

    Niente affatto, replicano oggi i tecnici del ministero guidato dal cristiano- democratico Wolfgang Schäuble. L'austerity non è la causa della crisi, né la ragione alla base dell'avvitamento delle economie dell'Europa del sud. A ottobre il Fmi avrebbe raccontato soltanto una mezza verità. Affinché uno studio empirico in materia sia ben fatto, bacchettano i tedeschi, bisogna tener conto di quattro fattori: i metodi di calcolo (dinamici o statici), l'orizzonte temporale, la scelta dei diversi strumenti di politica economica da parte dei vari stati, la credibilità di ciascuna manovra di consolidamento. Nel caso di specie, il Fondo monetario non avrebbe distinto tra effetti di breve e di lungo periodo, limitandosi a fornire un quadro molto statico delle conseguenze macroeconomiche di breve periodo. “Ecco perché – chiariscono i tecnici – l'affidabilità dello studio si riduce”. Senza contare il fatto che l'indagine si baserebbe su pochi casi empirici di alcuni stati presi a campione, insufficienti a trarre conclusioni con validità generale. Anche altri studi pubblicati di recente da economisti pur autorevoli come Daniel Gros e Cinzia Alcidi non utilizzerebbero i metodi di calcolo corretti, visto che, sempre secondo i tecnici di Berlino, vi sarebbero modelli matematici più recenti, in grado di valutare con maggiore precisione gli effetti dell'austerity sulla crescita. Uno di questi è stato messo a punto lo scorso anno dalla Banca centrale europea, la quale, nel suo rapporto del dicembre 2012, avrebbe mostrato con acribia gli effetti sul pil di singoli strumenti di politica economica e fiscale, distinguendo tra breve e lungo periodo. Nel lungo periodo soltanto i tagli alla spesa per investimenti avrebbero come risultato un moltiplicatore con valore negativo (in realtà compreso tra meno 1,2 e 1). Una cosa è certa: nel breve periodo, qualsiasi misura di consolidamento frena la crescita, ma nel lungo, al contrario, il risanamento diventa un volano per l'economia. A tal proposito gli economisti di Schäuble citano anche le indagini della Commissione europea. In due rapporti del 2010 e del 2012, Bruxelles avrebbe confermato che dalle misure di austerità si deduce un moltiplicatore con un valore intorno al meno 0,4 per cento, mentre “nel lungo termine tagli di spesa coniugati ad aumenti selettivi dell'imposizione fiscale garantirebbero persino una moderata crescita”. Tali stime potrebbero anche essere più generose, spiegano gli economisti tedeschi, se si considerasse che nel lungo periodo il consolidamento apre spiragli per tagli fiscali e riduce la spesa per interessi sul debito.

    La difesa dei tecnici di Schäuble arriva in una fase delicata della crisi dei debiti sovrani. Tra qualche giorno il Parlamento tedesco sarà chiamato a esprimersi sugli aiuti a Cipro. Altre richieste potrebbero arrivare nei prossimi mesi. Il ministero delle Finanze tedesche ha però tutto l'interesse a mantenere la barra dritta sul rigore, almeno fino al 22 settembre prossimo, quando si chiuderanno le urne teutoniche.

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