Che si fumano? Non sigarette elettroniche...
Un amico che lavora nel settore mi ha segnalato qualche altro significativo aneddoto sulle tormentate vicende del "fumo elettronico" alle prese con lo Stato italiano. Dico "qualche altro aneddoto" perché, come noto, un settore di nicchia ma in forte espansione è già stato adocchiato, la scorsa estate, dallo Stato esattore che, sospettoso della troppa attività imprenditoriale in corso, ha pensato bene - si fa per dire - di imporre una tassazione del 58,5% su "tutti i prodotti contententi nicotina o altre sostenze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonché i dispositvi meccanici ed elettronici che ne consentono il consumo", cioè su sigarette elettroniche e dintorni. Chi del settore sopravviverà a questa batosta lo vedremo a fine anno.
Dicevo, però, che le tormentate vicende non sono finite. L'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Aams, si chiama però, perché la sigla sta per Amministrazione autonoma dei Monopoli di stato!), che dovrà rendere operativa e riscuotere l'imposta di cui sopra, ha appena pubblicato le "risposte ai quesiti più frequenti" a uso e consumo dei produttori e dei distributori che vorranno comunque cimentarsi nell'impresa di vendere una sigaretta elettronica. Qui di seguito un paio di chicche.
Vi sarà per caso venuto il dubbio che solo i succedanei del tabacco debbano essere tassati al 58,5%? Sbagliato, avverte l'Aams: "Sono assoggettate ad imposta, comprese le batterie, le custodie dei dispositivi, il carica-batteria, ecc.)". Così anche un normale cavo Usb, secondo i calcoli degli operatori, potrà subire un rincaro medio fino al 140% rispetto ai prezzi odierni. A meno che, ovviamente, il consumatore non scelga di comprarlo in un altro negozio che, per il solo fatto di non vendere anche prodotti con nicotina, pagherà meno tasse. Consumatore e imprenditore ringraziano.
Seconda chicca, al sapore di "socialismo reale" (da operetta). Il signore o la signora che volesse aprire un punto vendita di sigarette elettroniche si potrebbe chiedere: "E' consentito il cambio dei prodotti difettosi?". Risposta dell'Aams: "Si. Per evidenti ragioni di tutela dell'interesse erariale, la restituzione dai punti di vendita ai depositi di prodotti, quale che sia il motivo della restituzione, deve essere preventivamente autorizzato dall'Agenzia su richiesta da parte del deposito. A seconda della motivazione della restituzione sarà disposto il cambio del prodotto con o senza pagamento dell'imposta". Se il carica batterie è difettoso, non basterà andare al negozio e cambiarlo; prima, vista la tassazione "di favore" al 58,5%, l'Agenzia dei Monopoli vuole dire la sua e autorizzare il cambio (tramite il deposito). In bocca al lupo a tutti.
Per chi si volesse dilettare, qui c'è il documento integrale dell'Aams.