La sorpresina di Letta a Renzi

Marco Valerio Lo Prete

    Il 14 febbraio scorso, dopo che Enrico Letta si era già recato al Quirinale per rassegnare le dimissioni da presidente del Consiglio, il ministero dell'Economia ha diramato un comunicato di una certa importanza. Nel quale si leggeva tra l'altro:

    In merito alle informazioni diffuse oggi da agenzie di stampa, secondo le quali l'Italia non avrebbe presentato alla Commissione UE documenti utili a ottenere il riconoscimento della clausola di flessibilità per investimenti, il Ministero dell'Economia e delle Finanze sottolinea che la clausola così come concepita è di fatto priva di utilità per l'Italia in quanto richiederebbe una manovra restrittiva di pari entità della flessibilità concessa, con effetti che sarebbero neutri o negativi sulla crescita nel breve periodo.

    Insomma, l'Italia - scrive il ministro uscente Fabrizio Saccomanni - non chiederà più margini di flessibilità sul deficit per il 2014. Curioso, considerato che questa era stata la reazione di Letta, nel luglio scorso, al momento dell'approvazione della stessa clausola da parte della Commissione Ue:


     

    Cosa ha convinto il Governo italiano (uscente) a non puntare più sulla tanto agognata clausola, per la quale si era battuto anche il precedente governo Monti? Sul Foglio di oggi, una possibile spiegazione. A Renzi, ora, toccherà sbrogliare la matassa.