Ecco come Renzi ha convinto l'Europa (c'entra "l'illusione finanziaria")

Marco Valerio Lo Prete

Si avvicina il via libera dell'Unione europea alla Legge di Stabilità italiana. Secondo Renzi, sono state le riforme dell'esecutivo a convincere Bruxelles. Secondo Bruxelles, è soprattutto la congiuntura peggiorata in tutta l'Eurozona ad aver consigliato un po' di pragmatismo. Infine, dietro il via libera, ci sono le meno note "clausole di salvaguardia". Ecco perché

    Oggi è andata in onda la dodicesima puntata, su Radio Radicale, di "Oikonomìa, alle radici del dibattito economico contemporaneo", mini rubrica in pillole. Di seguito il testo della puntata, qui invece l'audio. Sono ben accetti idee, consigli e critiche (scrivere a [email protected])

     

    Già a partire da domani, secondo alcune indiscrezioni, potrebbe arrivare il via libera dell'Unione europea alla Legge di Stabilità italiana, varata dal Governo e in corso di discussione in Parlamento. Il nostro esecutivo nelle scorse settimane aveva dovuto rivedere in senso "rigorista" la manovra, alzando da 0,1 a 0,3% la correzione del deficit pubblico strutturale; ma adesso non ci sarebbe necessità di ulteriori correzioni. Secondo il governo Renzi, sono state le riforme dell'esecutivo a convincere Bruxelles. Secondo Bruxelles, è soprattutto la congiuntura peggiorata in tutta l'Eurozona ad aver consigliato un po' di pragmatismo. Infine, dietro il via libera, c'è un altro accordo tra Roma e Bruxelles finora molto meno pubblicizzato. E' quello incarnato dalle cosiddette "clausole di salvaguardia".

     

    Quest'ultima è una sorta di "assicurazione" che l'Unione europea stipula con il governo italiano. La clausola di salvaguardia, introdotta per la prima volta nel 2002 nell'ambito della riforma della contabilità pubblica, funziona come una "rete di sicurezza" per quelle che vengono chiamate "spese previste". Mentre alle spese autorizzate, come quelle per la costruzione di un ponte, il governo può apporre un tetto in maniera preventiva, le spese previste dipendono da una determinata condizione che può mutare nel tempo (si pensi a un bonus fiscale per tutti i cittadini con un'automobile di colore blu). Per questo i Governi, per rassicurare l'Ue sul fatto che rispetteranno i vincoli contabili, scrivono nelle Leggi finanziarie che se la spesa dovesse eccedere le stime, ecco che c'è pronta a scattare una clausola di salvaguardia, cioè una norma che indica come il Governo riuscirà - in maniera rapida e automatica - a reperire ulteriori risorse per le sue casse.

     

    Il Governo Renzi, su questo fronte, non ha propriamente "cambiato verso". Anche nell'attuale Legge di Stabilità figurano alcune "clausole di salvaguardia". Al comma 3 dell'articolo 45 della Legge di stabilità c'è scritto che dal 1° gennaio 2016 aumenteranno fino al 2018 l'Iva (o Imposta sul valore aggiunto) sui beni essenziali e quella generale, passando rispettivamente dal 10 al 13% e dal 22 al 25,5%; dall'anno prossimo poi aumenteranno le accise su benzina e gasolio se non verrà accettato a livello comunitario il cosiddetto "split payment" cioè un metodo specifico di riscossione delle imposte; e comunque dal 1° gennaio 2018 aumenteranno le accise su benzina e gasolio. Si tratta di aumenti di tutto rispetto: secondo le stime dello stesso esecutivo, se andassero tutti a regime equivarrebbero a 12,1 miliardi di tasse in più nel 2016, 18,5 miliardi nel 2017 e 20,5 miliardi nel 2018. Tutto ciò accadrà a meno che, c'è scritto al comma successivo dello stesso articolo della Legge di stabilità, il Governo nel frattempo non avrà trovato risorse a sufficienza, o aumentando altre tasse o riducendo la spesa pubblica. Molti esponenti di Governo, ovviamente, hanno già dichiarato che l'anno prossimo, grazie alla spending review, questi inasprimenti fiscali saranno evitati; a riprova di ciò, sottolineano per esempi di aver già disinnescato una clausola di salvaguardia da 3 miliardi lasciata in eredità per il 2014 dal Governo Letta.

     

    Tutto bene, dunque? Non è detto. Da una parte infatti il Governo, con le clausole di salvaguardia, rassicura Bruxelles che storicamente è interessata ai "saldi" contabili di finanza pubblica più che agli effetti reali delle manovre finanziarie. Dall'altra però, nella migliore delle ipotesi, il Governo semina incertezza tra i contribuenti. L'incertezza sul regime fiscale che esisterà tra un anno o due di per sé frena infatti consumi e investimenti, a danno di crescita e occupazione.

     

    Inoltre i precedenti non fanno sempre ben sperare. Si prenda proprio l'andamento dell'Iva: l'aliquota generale di quest'ultima fu aumentata nell'agosto del 2011, dal governo Berlusconi, dal 20 al 21%. Lo stesso governo utilizzò poi una clausola di salvaguardia per l'anno successivo: se non si fosse ridotta la spesa pubblica a sufficienza, sarebbero state tagliate le detrazioni fiscali e aumentata l'Iva. Il governo tecnocratico di Monti annullò i tagli alle detrazioni e riuscì a rinviare l'aumento dell'Iva. Cosa che invece non riuscì al governo di Enrico Letta che nell'ottobre 2013 lasciò aumentare l'aliquota dal 21 al 22%. Lo stesso governo Letta che nell'estate 2013 aveva introdotto un'ulteriore clausola di salvaguardia per coprire il mancato gettito dovuto alla sospensione dell'Imu sulla prima casa per quell'anno; le risorse sufficienti poi non furono trovate, e così nel novembre 2013 anche quella clausola scattò a danno dei contribuenti, aumentando gli acconti di Ires e Irap. E' tutt'altro che infondato, dunque, lo scetticismo del contribuente più informato.

     

    Il Governo Renzi però insiste, in continuità con i precedenti, in quella che Amilcare Puviani avrebbe chiamato "illusione finanziaria". Vissuto tra il 1854 e il 1907, Puviani è uno dei padri della Scienza delle finanze, ancora oggi studiato soprattutto negli Stati Uniti, e che per "illusione finanziaria" intendeva "una rappresentazione erronea delle ricchezze pagate o da pagarsi a titolo d'imposta o di certe modalità del loro impiego". Un'illusione volutamente praticata dai Governi per poter alimentare la spesa pubblica e gli interessi a essa connessi, celandone per quanto possibile i costi al contribuente. "Tali errori (…) assumono una specialissima importanza pratica in quanto per essi, considerati rispetto ad uno stato ideale della finanza, tenda a modificarsi il valore che il suddito, il cittadino, il contribuente attribuiscono allo Stato, e la loro condotta politica". Illusione che può essere "positiva" quando è "evocazione" dell'utilità di certe spese e servizi pubblici, o "negativa" quando dipende da un "non vedere, da un non sentire l'imposta realmente pagata o pagabile". Le clausole di salvaguardia, con le loro caratteristiche di scarsa pubblicità e di sicura dilazione nel tempo, sono un caso di scuola di questa "illusione" praticata ai danni del contribuente. 

     

    Qui le puntate precedenti:
     

    Le mosse anti deflazione di Draghi nelle intuizioni di Irving Fisher

     

    Ernesto Rossi, la governante di Calamandrei e l'Articolo 18

     

    Joseph Stiglitz, il sovraffollamento delle carceri e il profitto "costituzionale"

     

    L'Europa, l'economia sociale di mercato che piace a Merkel e qualche aporìa

     

    La concertazione, questione di (scarsa) competitività e democrazia, dice il Nobel Phelps

     

    Henry Ford, la contrattazione aziendale e il modello tedesco di "produttività"

     

    La Legge di Wagner e l'idea pazza che le Regioni non possano ridurre la spesa

     

    Non è questione di decimali. Tocqueville e la crisi dell'euro vista dall'America

     

    La premonizione "giapponese" di Bernanke e l'arma del Quantitative easing

     

    Tutti quei balzelli sui risparmi nella Legge di stabilità e la "repressione finanziaria"

     

    Renzi, quel problemino chiamato "recessione" e il pressing del G20