Le faccio le domande, non stia a rispondere. Metodo Milella
Forse non gliel’ha domandato proprio così, ti domandi speranzoso. Invece, sì: “Dice Di Pietro che se ci fosse stata quando era pm avrebbe passato più tempo a difendersi che a fare inchieste”. Forse non l’ha posta proprio così, rifletti mentre leggi, fiducioso.
Forse non gliel’ha domandato proprio così, ti domandi speranzoso. Invece, sì: “Dice Di Pietro che se ci fosse stata quando era pm avrebbe passato più tempo a difendersi che a fare inchieste”. Forse non l’ha posta proprio così, rifletti mentre leggi, fiducioso. Invece: “Tanti magistrati sostengono la stessa cosa, c’è una grande paura che da domani piovano ricorsi a raffica”. Non è che suggerisca: “Toghe famose parlano di chiara intimidazione, a risentirne sarebbero le indagini su mafia e corruzione. C’è pericolo?”. Con fiera indipendenza, non assume il punto di vista di nessuno in particolare, lo capisce bene che travisare fatti e prove sia un problema serio: “Per l’Anm di Milano, ‘il governo caccia le dita negli occhi dei magistrati”. Lei che pensa del ‘travisamento del fatto e delle prove’ come causa di ricorso?”. Non pone domande allarmiste: “Si rende conto che intanto i magistrati rischiano di dover lasciare i processi?”. Si fa sfiorare, cauta, da un dubbio. Garbatamente lo pone all’interlocutore: “Come mai il centrodestra, il giorno dopo, è entusiasta?”. Non tralascia la domanda di storia italiana, sezione “referendum che non ci sono stati”: “La legge era necessaria?”. Infine il quizzone: “Perché si approva la responsabilità, mentre è braccio di ferro sul falso in bilancio?”. Le interviste di Liana Milella, a scuola, le chiamano test a risposta bloccata. In Corea del nord, non lo so. Comunque: come doveva rispondere, il vice del Csm Giovanni Legnini? Potendo scegliere, si è arreso.
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