Letterina da Strasburgo sulle gay family, è la democrazia
Hai voglia, piccolo giornale, a lanciare un referendum democratico e nazionale sulle nozze gay (e hanno voglia anche quelli, a organizzare un Family day post atomico a San Giovanni, “a favore della famiglia naturale”). Poi, nell’èra tecnocratica e sovranazionale ti arriva una lettera dall’Europa, come si trattasse delle pensioni o del debito, come a dei greci qualsiasi. Il Parlamento di Strasburgo ha approvato un rapporto sull’uguaglianza di genere in Europa in cui, per la prima volta, parla esplicitamente di “famiglie gay”. L’Assemblea che non prenderebbe atto manco del capovolgersi dei barconi “prende atto dell’evolversi della definizione di famiglia”. E democraticamente raccomanda che i paesi si adeguino e che le norme “tengano conto di fenomeni come le famiglie monoparentali e l’omogenitorialità lgbt”.
Il tutto in una risoluzione in cui si va dai diritti delle donne disabili ai migranti, dalle minoranze etniche alle donne anziane, dai Rom alle madri single. Che è un po’ come farne una questione razziale, ma pazienza. Relazione non vincolante, certo (del resto 341 sì, 281 no e 81 che si astengono come una minoranza del Pd non è un voto bulgaro). Ma lasciare che i singoli stati “tengano conto dei fenomeni” in base alla propria cultura e storia, senza inchinarsi alle maggioranze di Strasburgo, avrebbe un sapore più liberale (martedì lo stesso Europarlamento ha rinviato il voto sul Ttip, forse non sapendo di cosa prendere atto. Ma lì ballano i quattrini, non le persone).
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