La vergogna di quei deportati in catene del posto fisso

Maurizio Crippa
In miniera. In galera. Nelle stive dei gommoni. Con gli schiavettoni nei galeoni come i negri di Amistad. A calci in culo fino a Belluno. Gasati come siriani a Budapest, marchiati come profughi a Breclav. L’altra notte. E verrebbe da scrivere “alla luce delle fotoelettriche”, come nelle cronache dei disastri d’antan. Se questa è l’Italia, se questa è #labuonascuola

In miniera. In galera. Nelle stive dei gommoni. Con gli schiavettoni nei galeoni come i negri di Amistad. A calci in culo fino a Belluno. Gasati come siriani a Budapest, marchiati come profughi a Breclav. L’altra notte. E verrebbe da scrivere “alla luce delle fotoelettriche”, come nelle cronache dei disastri d’antan. Se questa è l’Italia, se questa è #labuonascuola. Se questo è un precario. Sedicimila precari che nel cuore della notte vengono assunti a centinaia di chilometri da casa, quando scatta l’ora X della “famigerata fase due”. Una retata, non un’assunzione a titolo definitivo alle dipendenze della Pubblica istruzione. Perché di questo poi si tratta. Un lavoro fisso nella scuola. Dopo tanti anni. Magari per tre anni in trasferta, ma a chi non è mai capitato? E invece: “A 55 anni mi mandano in provincia di Modena – (nelle paludi della Lousiana?) – come faccio a lasciare solo mio marito?”.

 

Un altro: “Mi tremavano le gambe… mi mandano a Roma. Dopo 17 anni di precariato. Domani dovrò dire a mio figlio che il prossimo anno dovrò partire”. Già, tra una anno. Perché poi si scopre che questi, come molti altri dei settemila assunti fuori regione, dovranno prendere servizio il primo luglio 2016. Dieci mesi per organizzarsi. E non essendo stati rapiti dai negrieri, non essendo stati deportati come ergastolani, potevano anche dire no. Mobilità sociale nel ventunesimo secolo, si dice.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"