Prima o poi ce la cantiamo e ce la suoniamo. L'inno di Grillo
Veltronianamente parlando, non s’imprigiona un’emozione. Del resto, come nei romanzi d’appendice, la voce libera di un canarino non si può ingabbiare dentro una cella. L’ergastolano dalla barba bianca sta lì, ma la melodia felice se ne va, oltre il cielo a scacchi. O per dirla tutta, con i Pooh, momento hegeliano: “Non restare chiuso qui, pensiero”. Il pensiero fattosi musica, fattosi bellezza e armonia, fattosi il (loro) canto libero. Loro inteso dei grillini, sì. Se però si sbrigano a impararlo tutto a memoria, entro il 17 ottobre, data del raduno di Imola.
La notizia che il Movimento 5 stelle avrà un nuovo inno da cantare, proprio nel giorno in cui vogliono mandare in prigione il fondatore come un Mandela qualsiasi, è di quelle che riempiono il cuore, e svuotano la mente. Il titolo è tra il calcistico e il wannabe erotomane, “Lo facciamo solo noi”, il testo è lungo come una campagna delle primarie del Pd, ci sono versi di poesia esiziale tipo “Noi diamo i soldi per fare le strade / loro distruggono la scuola pubblica / noi finanziamo le piccole imprese / loro le fottono con la politica”.
S’erano tanto derisi i patrioti azzurri per il loro “Meno male che Silvio c’è”, s’era tanto polemizzato per i bambini che cantarono festanti al nostro caro premieri. Ma ai grillini a squarciagola non eravamo ancora pronti. Anche se a lasciare il dubbio alla fine è quel ritornello, “Prima o poi governiamo noi”. Che sembra un coro da stadio di provincia: “Torneremo, torneremo, torneremo in serie A”.
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