Conte, e quelli che agli Europei era meglio mandare i pm
Poi dire che in l’Italia non assomiglia al suo calcio. Poi dire che il calcio non assomiglia alla politica. Poi dire che è giusto che i magistrati devono fare il loro lavoro. Poi dire che ci si deve dimettere per un avviso di garanzia. Poi dire che bisogna dimettersi. Poi dire che i tuoi colleghi di partito, di categoria, di circolo della briscola, ti devono sospendere, se non hai il buongusto di farlo da solo quando l’ombra di un’inchiesta vola polverosa sopra la tua testa. Poi dire che “male non fare, paura non avere”. Poi però il commissario tecnico della Nazionale, Antonio Conte, non andrà a processo con l’accusa della frode sportiva.
Il gip Pierpaolo Beluzzi l’ha prosciolto, “perché il fatto non sussiste” (lui e il suo vice Angelo Alessio, quando allenavano il Siena). Altri a processo ci andranno, e staremo a vedere. Però, scrivono i giornali, “la posizione di Conte era marginale ma, evidentemente, la più esposta da un punto di vista mediatico”. Il che evidentemente, per il “punto di vista mediatico”, e per l’idem sentitre popolare e per il comun sentire delle tifoserie, valeva già una condanna in terzo grado. E saremmo, secondo tutti loro, andati agli Europei con un commissario prefettizio, anziché tecnico. Poi dire anche questo, però: non è il calcio a essere uguale alla politica, in Italia Sono i pm che sono sempre uguali a se stessi. Poi dire anche: “Resistere, resistere, restistere”. Ai pm e agli avvisi di garanzia.
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