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La scossa teologica di mons. Pompili contro il Progresso

Maurizio Crippa
In tempi incerti per la dottrina e pure per la teodicea, era nell’aria che questa faccenda del terremoto avrebbe generato uno sciame teologico: "Il terremoto non uccide. Uccidono le opere dell’uomo”, ha detto il vescovo di Rieti durante i funeri delle vittime del terremoto di mercoledì scorso nel reatino.

Chi sono io per giudicare di qua, chi sono io per giudicare di là… In tempi incerti per la dottrina e pure per la teodicea, era nell’aria che questa faccenda del terremoto avrebbe generato uno sciame teologico, pronto a ribaltare le poche certezze di diritto naturale rimaste a Santa Romana Chiesa. E va bene che avevano già iniziato Voltaire e Rousseau a bisticciarsi sul senso ultramondano dei terremoti, con Rousseau a far la parte di un Salvatore Settis d’antan e a dar la colpa al progresso. Ma quelli erano illuministi e mangiapreti, avevano una chiesa da far crollare, e non nel senso dei mattoni e dei campanili. Ma se ci si mettono i vescovi, questa sì che è magnitudo. Ci si era già provato quello di Ascoli, mons. Giovanni D’Ercole, a seminare cupezza in “questa nostra gente tradita dal ballo distruttore della terra”. Aveva detto, a messa: “‘E adesso che si fa?’ mi sono rivolto a Dio Padre”.

 

Ma mercoledì, ad Amatrice, al cospetto di Mattarella e Renzi, dioscuri della speranza, il vescovo di Rieti mons. Domenico Pompili ha traballato peggio di un container. E dire che aveva ben comiunciato: “I terremoti esistono da quando esiste la terra. I paesaggi, le montagne, l'acqua dolce, tutto è dovuto ai terremoti. Neanche l’uomo esisterebbe senza i terremoti… Dio non può essere utilizzato come il capro espiatorio”. Ma poi, se n’è uscito così: “Il terremoto non uccide. Uccidono le opere dell’uomo”. Perbacco. Se non è Dio, se non è nemmeno la natura, vuoi vedere che è davvero colpa del Progresso?

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"