Alex, Lapo e i freni inibitori della lingua travolti dall'odio
La cloache di fasulle e voyeuristiche cronache, di ilari commenti finto scandalizzati, di battute a senso unico per incapacità di doppio senso di corsivisti e bestie del web hanno tutte e soltanto lo stesso fetido olezzo: l’odio feroce per chicchessia
Per capire a quale livello di demente ferocia siano caduti i freni inibitori del linguaggio in quest’epoca post grilliana, post veritativa o neo trumpiana che dir si voglia, basterebbe il post del sindaco cinque stelle di Suvereto, Giuliano Parodi, che ha espettorato “peccato, lo facevo più in ‘gamba’” su Alex Zanardi, colpevole di votare Sì. E gli si dovrebbero spezzare la gambe, al sindaco. Ma basterebbe passare in rassegna due giorni di informazione (sic) su Lapo Elkann. Io non ho nemmeno capito che cosa sia capitato a New York al divin rampollo di Casa Agnelli, perché, giuro, mi sono documentato solo su Maurizio Milani. Ma temo che il magnifico Diogene sorridente di Codogno ci (vi) stesse prendendo filosoficamente per i fondelli, come fa da quando è nato.
Ma la cloache di fasulle e voyeuristiche cronache, di ilari commenti finto scandalizzati, di battute a senso unico per incapacità di doppio senso di corsivisti e bestie del web, di ravanamenti nel passato e nella vita, di cuori in mano di ex fidanzate e di moralismi da pescivendole di Nina Moric e consimili, hanno tutte e soltanto lo stesso fetido olezzo: l’odio feroce per chicchessia. E non conta nemmeno tanto che sia irregolare, un po’ sballato, possibilmente ricco e famoso. Basta che abbia inciampato su una qualsiasi sua personale buccia di banana, o merda. Allora è lecito buttarcisi sopra come cani, come iene. Poi ci si sente meglio, si pensa di avere un po’ aggiustato il mondo. Almeno ci si è sfogati.