Non rompete i giovani con il paese da amare, la sanno lunga
Giulio Sensi è un giornalista che si occupa di volontariato. Ha un blog su Vita.it e ha postato un appunto sull’annosa questione della legge sul servizio civile universale, che ha qualche tratto limitrofo con la pallosa questione dell’educazione e dei “giovani”. Riprende uno scambio tra Paolo Crepet e Aldo Cazzullo nella sua ormai mitica rubrica delle lettere del Corriere. Crepet: “Un servizio prestato al paese aiuterebbe milioni di giovani a ritrovare un’identità e ad amare e conoscere la nostra bellezza… un’opportunità per crescere e maturare”. (Ronf). Cazzullo: “Da almeno tre generazioni (la prima è stata la mia) gli italiani fanno fatica a dire ‘noi’. Noi nati negli Anni 60 siamo cresciuti nell’èra del riflusso (…) I nostri figli sono cresciuti nell’era digitale, la cui cifra è la solitudine e il narcisismo”. (Ronf un’altra volta). Loro lo vorrebbero obbligatorio. Sensi argomenta con intelligenza che, con tutte le libertà obbligatorie che già hanno, aggiungere quella di amare l’Italia è assurda: “Quel minimo di libera scelta che ancora i giovani possono avere non costringetelo, nemmeno nelle intenzioni”. Di mio aggiungerei che se preferiscono stare “sdraiati”, se ne fottono degli altri e del paese, se non frequentano l’insana filosofia dell’ottimismo e non vogliono essere utili, in un mondo in cui persino Beyoncé può avere due gemelli, è perché la sanno lunga, i giovani. L’adulto invece, diceva Freud, è una nevrosi.