Un grazie molto occidentale a Tzvetan Todorov, parigino fantastico
Non smetteremo mai di ringraziarlo per averci fatto scoprire la letteratura fantastica, e il Manoscritto trovato a Saragozza con la sua rivelazione definitiva, e infinitamente moderna: “Arrivai quasi a credere”
Poi forse verso la fine ci aveva lasciati un po’ incerti, sulla decisione di credergli o meno, con la sua insistenza sul fatto che non dovremmo aver paura dei barbari, che dagli universi concentrazionari si possa anche imparare, che la democrazia plurale non è destinata a soccombere. Mentre il mondo sembrava progressivamente suggerire il contrario. Ma era bulgaro, cioè europeo, e s’era fatto francese, cioè occidentale, senza cambiare nome né lo sguardo mite di immenso lettore. Di scienziato delle parole e delle culture, però non scientista. Ma non smetteremo mai di ringraziarlo per averci fatto scoprire la letteratura fantastica, e il Manoscritto trovato a Saragozza con la sua rivelazione definitiva, e infinitamente moderna: “Arrivai quasi a credere”. Perché il fantastico, nei libri ma non solo lì dentro, è quell’esitazione che si prova quando ci si trova di fronte a qualcosa che appare tutta lì, per quel che sembra, eppure non la spiegano le leggi naturali, e forse nemmeno il sovrannaturale. Il fantastico, imparammo, è il lasso di tempo magnifico di questa incertezza. Che siamo noi. E non è mistica né poesia, né allegoria. E può durare fino all’ultima pagina, nei casi dei libri migliori; ma è meglio ancora se dura tutta la vita, quella reale, perché non c’è niente di più occidentale di questo arrivare “quasi a credere”. Era nato nel 1939 ed era malato da tempo. E’ morto ieri a Parigi. Arrivederci.