La risposta civilmente feroce all'aborto. Un accidioso: boh
Non me ne vorrà il mio amico Giuliano, e spero non me ne vorranno i lettori, se invece di aspettare stamattina per leggere il suo (splendido, ça va sans dire) articolo in questa pagina aggiungo una postilla. E siccome non ho niente da nascondere, come John Lennon e la sua scimmia, confesso che è dettata da un senso di stanchezza, chissà se momentaneo, per “le propre de l’homme”. In un mondo in cui persino il Sole 24 Ore titola “scoppia la grana transgender”, pensare che esista un “propre de l’homme” di cui occuparsi mi provoca un fastidio accidioso. Niente da aggiungere contro l’insensata “schiavitù di coscienza” ipostatizzata dalla Regione Lazio (e non solo da lei), ma se la risposta “deve essere civilmente feroce, uno scontro di assoluti” preferisco andare a funghi, lo sport dei misantropi. Mai parteciperei a scontri di assoluti in compagnia dei pro-life stile Trump.
Ma ecco la postilla. Non so se il Santo Padre di oggi “non crede ai princìpi o criteri di vita e di ragione naturale non negoziabili”. Non penso. Ma la sua “predicazione della misericordia” per il mio amico Giuliano è una scelta che “sarebbe insindacabile se non fosse disperatamente autocontradditoria, perché con un miliardo e non so quante centinaia di milioni di aborti nel mondo in trenta-quarant’anni parole come misericordia e carità si sciolgono come neve al sole”. Ecco, davanti a un miliardo di aborti l’unica cosa che non si scioglie al sole è la misericordia. Forse, e a Dio piacendo.