Il fine vita della piccola Marwa, invece di medici e giudici, potrebbe deciderlo Facebook
Appellandosi alla legge del 2005 contro l’accanimento terapeutico, che dà ai medici il potere di ultima decisione, le autorità ospedaliere vogliono porre fine alle cure e lasciarla morire. Si oppongono i genitori
Marwa è una bambina di 15 mesi che dal settembre scorso è ricoverata a Marsiglia dopo che un raro enterovirus le ha provocato danni neurologici “gravi e definitivi”. Respira ed è alimentata artificialmente. Appellandosi alla legge del 2005 contro l’accanimento terapeutico, che dà ai medici il potere di ultima decisione, le autorità ospedaliere vogliono porre fine alle cure e lasciarla morire. Si oppongono i genitori: la bambina, seppure con danni “gravi e definitivi”, è uscita dal coma e può vivere, per quanto non in modo autonomo. Marwa ovviamente non ha mai firmato le dichiarazioni anticipate di fine vita che, con la legge francese del 2015, rendono vincolanti tutte le direttive dettate in precedenza dal malato. In questo caso, la responsabilità dovrebbe appartenere ai genitori. E dovrebbe valere anche nel caso la scelta sia di non rinunciare alle cure. Il che confligge però con le norme sull’accanimento terapeutico. Così ora la decisione sul destino di Marwa verrà presa dal Consiglio di stato, la massima autorità giuridica amministrativa. Poi c’è questo. Quando medici decisero di staccare il respiratore, i genitori di Marwa lanciarono su Facebook una petizione per impedirlo, che ha raccolto 240 mila firme e indotto i giudici di prima istanza ad accordare un proseguimento delle terapie. Non dovrebbero essere né i medici né i giudici a decidere, ma il paziente o chi ne fa le veci. Ma in mancanza di una legge chiara, si potrebbe lasciare la decisione sul fine vita ai referendum via Facebook: like or dislike. Forse è il futuro.