Con Veltroni alla Figc avremmo rimpianto di meno il Pd
Beh, niente. Ha rivinto Tavecchio, Carlo Tavecchio, una mente appiccicosa da Prima Repubblica
Adesso che tutto si è compiuto, possiamo dirlo: a noi Walter Veltroni presidente della Figc (quella con la “i” prima) sarebbe piaciuto. Non per avere delle campagne di moral suasion buonista rivolte alle curve, che c’importa?, ma per un fatto di puntiglio. Sarebbe stato un segno di continuità, una bandierina da sventolare per dire che non tutto il sogno del Lingotto (non quello di venerdì prossimo: quello primigenio) era andato perduto in una partita mal giocata a inizio dicembre, seguita da una rissa di spogliatoio. Insomma per poter dire che qualcuno del Pd, dello squadrone multietnico e kennediano nato per vincere, ancora stava in sella. Beh, niente. Ha rivinto Tavecchio, Carlo Tavecchio, una mente appiccicosa da Prima Repubblica. Lui che, salvinianamente, ha già governato una legislatura da sovranista nel pallone: “L’Inghilterra individua dei soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare. Noi invece diciamo che ‘Opti Poba’ è venuto qua che prima mangiava le banane e adesso gioca titolare nella Lazio”. O anche “non ho niente contro gli ebrei, ma meglio tenerli a bada” e “tenete lontano da me gli omosessuali”. Ha preso il 54,03 per cento, non serviva manco il premio di maggioranza. Un salto nel passato, una via aperta. Tra qualche anno, se tutto va come deve andare, a guidare la Figc si candiderà Michele Emiliano. Non perché gli interessi il calcio, mica è Veltroni. Ma così, per continuità di linguaggio. Oppure chiamatela stabilità di governo.