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Leandro che camminava sui binari e non faceva un selfie

Maurizio Crippa

Stavano forse soltanto recitando una scemenza antica, camminare sui binari, come in certi vecchi racconti di fughe on the road

Nel linguaggio burocratico della Polfer, rugginoso come una massicciata ferroviaria, “purtroppo si sono trovati sulla travata metallica e non avevano vie di fuga”. Due il treno l’hanno scansato, Leandro invece no. Cosa avesse nei suoi occhi di tredicenne, all’ultimo istante, non lo saprà mai nessuno. Quel che pare improbabile, quel che la Polfer tende a escludere, è che l’ultima cosa che gli occhi di Leandro hanno visto, sul binario vicino a Soverato, sia stata la luce amica e ingannevole del suo telefonino. Non stavano facendo un “selfie estremo”, una prova di coraggio, un rito di passaggio nell’epoca della sua riproducibilità digitale.

 

Stavano forse soltanto recitando una scemenza antica, camminare sui binari, come in certi vecchi racconti di fughe on the road. Eppure è la prima cosa che tutti hanno hanno pensato e hanno scritto, i giornali. Che quello di Leandro, in Calabria, fosse solo “l’ultimo caso in ordine di tempo” di una moda per cui dal 2014 sono morte più di 150 persone in tutto il mondo, la chiamano daredevil selfie, fa più millennial e consente di dare la colpa ai tempi e alla tecnologia. Quei ragazzi, sono sempre ragazzi, tutti lì sulle rotaie della prateria, per immortalare i propri occhi incorniciati dal treno che arriva alle spalle. O in bilico su una roccia per precipitare, o volando ad acchiappare uno skilift che non arriverà. A cercare, forse solo, qualcosa che somigli alla libertà. Però Leandro no, camminava soltanto sui binari. Uno di quei giochi che fa la vita.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"