
Gianfranco Fini (foto LaPresse)
Cainite a destra
Ieri i tre giornali di destra – Giornale, Libero e la Verità – hanno aperto come se il caso Tulliani fosse uno scoop mondiale. Perché?
Occuparsi di cose residuali, nel giorno in cui The Donald e Theresa minacciano di bannare a terra i computer di mezzo medioriente, è una forma di dissipazione irresistibile. Tornare a occuparsi dell’affaire Fini in Tulliani, ha un fascino perverso. Epperò, forse, finisce per spiegare qualcosa di quel che è diventata, oppure è rimasta, la destra italiana. Ieri i tre giornali d’area che si dividono fratricidi il pubblico di riferimento – Giornale, Libero e la Verità – hanno aperto come se fosse uno scoop mondiale sul caso. E solo loro. “Arrestano il cognato di Fini”, è il titolo più neutrale (Feltri). “Fini riciclatore seriale”, picchia Sallusti. “Fiumi di denaro sporco su Fini”, è il grand giugnol di Belpietro. La cosa più moderata che hanno scritto, sul Gianfranco, di Sallusti: “E’ stato un coglione a tutto tondo”. Belpietro ci ha fatto le prime tre pagine.
Ora, il caso è ghiotto per un pubblico-elettore rancoroso, che a Fini non ha perdonato mai né il tradimento del Cav., né prima quella sciacquata di storia a Fiuggi. Ma di attuale, che c’è? Che importa, alle prossime elezioni targate Grillo, di questo rimestare vendicativo nella bara (politica) della destra che fu? La cainite, tra fratelli coltelli e fratelli d’Italia, è un mal di stomaco. Meglio farsi prescrivere una vacanza rilassante, come la Raggi. No?

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