Fedeli studi linguistica, invece di fare il sindacalisto donna
Valeria Fedeli ha ripreso (sorridendo, per carità) un giornalista. “Riesco a dirle di chiamarmi ministra? No? è complicato…”
Se Fedeli studiasse linguistica, invece di fare il sindacalisto donna nel giorno in cui Trump ha scoperto il potere di pigiare il pulsante “bomb”, che grosso modo equivale alla scoperta dei bambini maschi di potersi toccare il pisello (gender matters, in politica), è chiaro che occuparsi della titolare (o titolaressa?) della Pubblica istruzione e dei suoi vezzi da improvvisata linguista (il maschile sarà linguisto?) di genere appaia irrilevante. Ma la ex sindacalista (femminile di “sindacalisto”?) del tessile inopinatamente approdata senza laurea (è una donna, per i maschi ripristineremo il primigenio lauro) a Viale Trastevere annoia. E basta. Valeria Fedeli ha ripreso (sorridendo, per carità) un giornalista. “Riesco a dirle di chiamarmi ministra? No? è complicato…”. Non è che sia complicato, è che si vorrebbe evitare di spiegare sempre che in italiano il maschile ha assorbito il genere neutro, che esistono pure gli invariabili in “a” (giornalista) e che nomi legati alle cariche declinano in un maschile che è neutro, o perché si riferiscono a un dicastero (volete la dicastera?). Basterebbe aver studiato. Vero è che la Crusca sostiene che laddove si possa utilizzare il morfema portatore dell’informazione sessuale corretta è meglio farlo (maestro e maestra). Ci limitiamo ad annotare che per la Crusca era geniale persino “petaloso”, ormai è un’accademia scaduta al livello di inattendibilità di un’Antimafia qualsiasi. Stefania Prestigiacomo preferiva essere chiamata signora ministro. Mica era una sindacalista, lei.