Il ricambio della felicità
Guardare da un altro punto di vista la vicenda del ricercatore universitario costretto a lasciare la sua carriera per andare a vendere ricambi d'auto
E’ molto amara, molto “non c’è niente che possiamo obiettare”, la lettera, o qualsiasi genere comunicativo fosse, con cui Massimo Piermattei, quarantenne ricercatore universitario – anzi storico dell’Integrazione europea, purtroppo l’iperspecialismo colpisce anche i migliori di noi – ha dato l’addio alla ricerca universitaria e a una carriera accademica mai decollata. La fuga di cervelli, i baronaggi, l’inesistenza dei finanziamenti, la frustrazione eccetera. E soprattutto colpisce la collocazione anagrafica, attorno ai quarant’anni. Che fa di quella generazione, molto più di quelle prima, i babyboomers e fratelli minori dei babyboomers, e forse più di quella che sta arrivando a prendersi il proprio posto ora, la vera generazione perduta italiana. “Smetto quando voglio”, è la chiusa ironica della lettera. Non prima di aver dichiarato che ora, per tirare avanti, farà il venditore di ricambi d’auto. Così a me, e sarà una cazzata, è venuto in mente il ricordo personale, ma il nome non lo farò. Potrei chiamarlo “Culodigomma famoso meccanico”, uno di quegli amici con cui ti siedi sul ciglio della strada a guardare la vita. Lui ha un’officina di auto, appunto. Una bella aziendina, va’. E un figlio che invece, e con profitto, ha voluto studiare Filosofia. Bioetica, addirittura. Poi c’è stata una necessità, è tornato a prendersi in mano l’aziendina. Vende anche ricambi, credo. E poteva fare anche ricerca, in università, ma gli va bene così.