Due o tre casi del nuovo campionato che ci spiegano la nostra cifra
Keita, Kondogbia, Diego Costa e il calcio d'agosto. Per fortuna dopo Ferragosto si ricomincia col calcio che conta e tutto sarà meravigliosamente uguale come prima
Tra una settimana ci siamo, circumnavigata l’inutilità del Ferragosto e pure la media utilità delle supercoppe d’agosto, si ricomincia col calcio che conta e tutto sarà meravigliosamente uguale come prima. Cioè tutto nuovo e luccicante, come gli sghei di Neymar, ma tutto uguale. Tranne che per qualche segnale che ci spiega meglio di un saggetto di Recalcati come stanno cambiando non tanto le formazioni, ma i rapporti di forza, che poi sono sempre una scusa per i sensi di colpa. Prendete, all’estero, uno grande e grosso come Diego Costa. Un Marc’Antonio, lo avrebbe battezzato Pizzul. Be’, sta lì che piange sul Daily Mail perché vuole andarsene dal Chlesea e l’uomo cattivo (indovinate chi è) non lo lascia: “Ora basta, mi stanno trattando come un criminale. Perché non mi lasciano andare se non mi vogliono più?”. Alle nostre latitudini, se tali vogliamo chiamarle, c’è un baldo giovine come Keita Baldé che l’altro giorno la Lazio l’ha lasciato fuori, per castigo, e del resto ha vinto lo stesso. E perché? Perché vuole andarsene, ma quei cattivoni non lo vogliono vendere. Salite verso nord, e trovate un altro ragazzone di vigorosa muscolatura e di buon ingaggio, che non si sarebbe lamentato manco Giletti, insomma Kondogbia che non s’è presentato all’allenamento dell’Inter e ha fatto sapere che ha la valigia pronta. E perché? Solo per denaro? Ma va là, direbbe quello: perché non si sente stimato, non lo trattano bene. E insomma se c’è una cosa che la nuova stagione ci insegna, non è la cifra dell’ingaggio, è la cifra del nostro infantilismo.