Candidatura di Totti a portavoce unico della nazione
Ha appena appeso gli scarpini al chiodo e con la cravatta scura e la giacca scura ancora non si ritrova, sembra una comparsa delle Jene. Però il talento non manca
Parlare della Roma, oggi, dal mio punto di vista può sembrare inelegante, dopo quel triplettone di puro culo che gli abbiamo rifilato sabato sera. Ma qui non si parla della Roma, quindi mi assolvo e procedo. Si parla della sublime arte del comunicare, che è sempre di natura sottilmente politica, e quando è fatta bene trasmette più di quel che alla lettera dice. Ha appena appeso gli scarpini al chiodo (ecco: questa sì è pessima comunicazione) e con la cravatta scura e la giacca scura ancora non si ritrova, sembra una comparsa delle Jene. Però il talento non manca, l’ironia già si sapeva. Ieri lo intervistano per sapere se Patrik Schick la Roma lo ha acquistato oppure no. E’ stata una delle telenovele del calciomercato (sempre pessima comunicazione), un giochetto che alla fine ha fatto ballare 38 milioni, roba che la Raggi ci potrebbe allestire le casette a schiera per tutti i richiedenti asilo. Gli domandano se Schick ha risposto, e lui: “Ha risposto, ha risposto. L’importante è che rispondeva, o sì o no. L’importante era rispondere, per educazione. Adesso stiamo valutando… se diventerà un giocatore della Roma o meno”. Lo spazientito cronista: “Ma ha risposto sì o no?”. “No, risposto ha risposto. Però non so, non ho letto bene perché è scritto in inglese”. Ecco, non è l’ironia: è il giusto peso delle cose. Nel paese in cui la raffinata arte del portavoce – quelli che dicono, smussano ma si fanno capire – l’è morta. Il paese in cui appena uno apre bocca dice una bestiata, come un mediatore culturale di Rimini. In questo paese Francesco Totti, come portavoce dell’Italia intera, lo vorrei.