Jordi non rubò mai neppure per me
La storia di Sánchez e Cuixart, arrestati e accusati di sedizione, è una sproporzionata follia
Un frutto o un fiore raro / Rubò sei cervi nel parco del re, vendendoli per denaro”. L’antica ballata inglese divenuta la celeberrima canzone di De André, nonché di Joan Baez, profuma di brume e malinconia e romanticismo, cifre di una follia. La follia, parente nobile di quel che in politica è la stupidità, di sfidare le leggi del re. La follia non so, ma la stupidità in politica è bipartisan. L’Audiencia Nacional ha fatto arrestare “i due Jordi”, Sánchez e Cuixart, per aver rubato sei cervi nel parco del re, reato romantico e persino bucolico. Per strada hanno suonato le casseruole, i postumi della baldoria. Sono accusati di sedizione per i fatti del 20 e 21 settembre scorso, quando la polizia spagnola era entrata negli edifici governativi catalani a Barcellona per sequestrare le schede del referendum, e i due Jordi organizzarono la folla che per diverse ore impedì alla Guardia Civil di uscire. (C’è da immaginarli, come in una vecchia barzelletta, i gendarmi che telefonano a Rajoy: “Capo, li abbiamo arrestati”. “Bene, portateli qui”. “Non ci lasciano venire”). Ora li impiccheranno con una corda d’oro? Sì, lo sappiamo, quello era Geordie, è un nome inglese, questi sono Jordi e siamo a Barcellona. Ma i suoni sono uguali, nella romanticheria di una canzone. E la sproporzione tra un arresto e una follia si sente a orecchio per chi, da tutta questa storia catalana, abbia ricavato un brumoso senso di malinconia. Cadrà l’inverno anche sopra il loro viso, chissà. Su quello del giovane re e di Rajoy, è già caduto.