Il Gruppo Bollito Misto e la sua dose di Grasso
Il presidente del Senato lascia il Pd e approda nella compagine che, forse, è il vero argine all'antipolitica
Il Gruppo Bollito Misto, versione Camera o Senato, è una delle delizie della democrazia parlamentare. Anzi, a dirla tutta, forse è il vero argine all’antipolitica: è l’unico partito che tra inizio e fine legislatura registra invariabilmente un saldo attivo, nonostante il folle sistema delle porte girevoli. Al Senato, al Misto erano partiti in 33, se ne sono andati in 39 ma ne sono arrivati altri 49. Saldo più 10, ci farebbe la firma pure Alfano, se potesse. Statistiche da aggiornare, però. C’è la new entry. E che razza di entry. Ieri con un secco comunicato di sapore vagamente istituzionale il presidente di Palazzo Madama Piero Grasso, che era sceso in politica in quota Pd bersaniano per andare dritto al Quirinale ma poi si era accontentato di un comodo secondo posto, ha lasciato il Pd per il Gran Bollito. Siccome è uomo tutto d’un pezzo aveva resistito, eccome se aveva resistito, nelle bufere fiduciarie del Rosatellum: “Quali che siano le mie decisioni personali e le mie intime motivazioni posso dire che può essere più duro resistere che abbandonare con una fuga vigliacca”. Ma ora che tutto è compiuto, ecco che finalmente può fare la sua parte in commedia, a schiena dritta. In questo Pd, mai più. Nel pied-à-terre con Verdini, giammai. Piuttosto con Sandro Bondi (se ancora sta lì: il Misto è peggio di un porto di mare). Ma volete mettere, ora che fa pure lo scrittore come un Franceschini qualsiasi, che riserva della Repubblica sarà, nel gelido inciucio che sta per arrivare? Riserva di Grasso.
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