Il salto quantico del colto Di Stefano sul porco Brizzi
“La vita o si vive o si scrive”, parte alto il giornalista sul Corriere. Per spiegarci che è tutta una maschera e una copertura
Bisognerà uscirne prima o poi da questa porcata delle molestie e delle denunce da prima serata. Bisognerà trovare una chiave di lettura alta, che spieghi i ruoli e i codici, indaghi manliness e depravazione, lo scriveva giorni fa il mio amico Giuliano. Servirà la Cultura e l’Interpretazione. E uomini (e donne, pardon) di vera cultura. E allora ecco, si getta coraggioso nella mischia Paolo Di Stefano. Che è scrittore e intellettuale e giornalista fino. Ironista, non so. La soluzione l’ha trovata. Ma che dico soluzione, ha prodotto proprio un salto quantico. Da #balancetonporc a #balancetonécrivain. “La vita o si vive o si scrive”, parte alto sul Corriere. Per spiegarci che è tutta una maschera e una copertura. “Prendete i romanzi di Fausto Brizzi, pubblicati da Einaudi Stile Libero e confrontateli con le rivelazioni sulle molestie”, scrive. “Nulla di più distante. Storie lievi di vita familiare, ironica quotidianità di coppia”. Niente di torbido, sono candide autofiction: “il protagonista di Ho sposato una vegana si chiama addirittura Fausto e sua moglie è Claudia esattamente come la moglie di Brizzi”. Il porco scrittore si dipinge come “tenero e maldestro”. E invece no, t’abbiamo scovato: “La letteratura inganna, come l’apparenza e in qualche caso come la realtà. Mai fidarsi degli scrittori, tanto meno di quelli che rappresentano se stessi con eccessiva autoironia e benevolenza”. E figurarsi se si fosse accorto che Brizzi ha scritto pure L’eterna lotta del pene contro il male. Ma che motivi abbiamo ancora di prove, come dicevano nel Sinedrio: hai scritto, è la prova che sei porco.