Accade in Via Fani
All'epoca dei nuovi scontri tra fascisti e antifascisti, la profanazione del luogo in cui morirono 5 agenti della polizia e fu rapito Moro può sembrare un'inezia. Ma non lo è per niente
Nel paese in cui per le strade hanno ricominciato a picchiarsi e accoltellarsi fascisti e comunisti (che cacofonia da anni 70 è “il fascismo dell’antifascismo”, andrebbe abolita) può sembrare una caccola minore che qualcuno abbia scritto “A morte le guardie” in via Fani a Roma, dove furono uccisi dalle Br cinque agenti di polizia. E ci abbiano disegnato delle svastiche, sul basamento di cemento della lapide, perché gli imbecilli senza memoria non sanno che quel luogo e quella strage non sono cosa loro, dei nazisti, nemmeno nell’immaginario. Ma qualcuno con qualche anno in più si ricorda ancora dov’era e cosa stava facendo, la mattina di quel 16 marzo 1978 in cui rapirono Aldo Moro. E da quella caccola minore può, o almeno dovrebbe, sentirsi disgustato o ferito. Anche più disgustato che dai quarant’anni di processi e commissioni parlamentari e rancori e alibi e non detti e non chiariti che sono trascorsi. Perché fascisti e comunisti forse davvero non saranno la nuova emergenza nazionale. Ma ricordarsi le cose, questo è urgente. Ecco, tutto qui. Ma valeva qualche riga sul giornale.