Il ministero dei Terùn
La nemesi perfetta, il contrappasso più doloroso: con Salvini al governo nasce il dicastero per il Sud. Così è finito il sogno dell’Umberto
Questa è una breve ma necessaria eulogia del Senatùr Umberto Bossi, parlandone biologicamente da vivo (lunga vita!) ma da politicamente da morto nel suo sogno quarantennale popolano e scombicchierato del Nord, di ampolle del dio Po e radici vieppiù celtiche o varesotte, poi divenuto Padania e persino, in articulo mortis, barbarie sognante. A uccidere, come nelle tragedie gotiche, il sogno di cui l’Umberto è stato personificazione e divinità in canottiera, è stato un figlio suo, ma non legittimo: uno scappato di casa di via Padova che un tempo andava in giro a cantar male dei napoletani e che adesso, pur di andare al governo per dargliele ai negher, ha accettato qualsiasi ribasso. Non soltanto Moavero Milanesi e Savona declassato alle pari opportunità europee, ma persino la pernacchia delle pernacchie, per il fu partito che della pernacchia fece la sua lingua politica, innalzandone a iosa dal Sacro Prato di Pontida: la nascita di un ministero per il Sud. Per giunta affidato a un’altra scappata di casa, ma di Lecce, il perito aziendale corrispondente in lingue estere Barbara Lezzi, più nota per un trascorso nella rimborsopoli grillina. Così è finito il sogno dell’Umberto. Una vita a parlar male dei delitti della Cassa del Mezzogiorno, per poi trovarsi con il Matteo Salvini che dà il via libera al nuovo dicastero per “mantegnì tucc i terùn” coi soldi drenati da Roma Ladrona. E se mai c’è stata una nemesi più perfetta, e un contrappasso più doloroso, non poteva che essere così: il Ministero dei Terùn.