Le domande canaglia di Steve Jobs per i curriculum Rai
I colloqui di lavoro del fondatore di Apple e una certezza: comandare è fare le domande giuste
Se davvero bastava così poco per essere dei geni universali e cambiare i destini dell’umanità per il prossimo millennio, probabilmente l’iPhone lo avremmo inventato tutti e ora saremmo a spassarcela in qualche atollo fiorito della galassia, fottendocene del governo del vaffa. Steve Jobs non era Steve Jobs per come faceva i colloqui di lavoro, questo non lo possiamo credere. Però rubiamo da Business Insider il resoconto di una cosa scritta su Medium da Andy Raskin, “professionista del marketing di San Francisco”, in cui si svela che Mr. Apple aveva un metodo infallibile per giudicare i collaboratori. Due domande secche, e se ci pensate bene manco a trabocchetto come l’enigma della Sfinge. Quando andava alla Pixar chiedeva: “Dimmi cosa non funziona alla Pixar”. E poi: “Dimmi cosa funziona alla Pixar”. Lo chiedessero a voi, della vostra ditta, capite che c’è da sudare freddo. Ma comandare è fare le domande giuste. Così un’altra domanda che va forte tra i selezionatori è: “Puoi, per piacere, dirmi due cose che sto facendo davvero bene in questa circostanza e due aree in cui ritieni che io possa migliorare?”. L’ex dirigente di Google Kim Scott usava questa: “C’è qualcosa che potrei fare o smettere di fare che renderebbe più semplice lavorare con me?”. E ci vuole sangue freddo, perché puoi trovare anche la testa di cazzo che ti risponde davvero. Ma niente, selezionare lo staff è il vero potere, ed era giusto per dire: se alla Rai, invece che chiedere curriculum da ubriachi per il cda, si fossero limitati a domandare: “Secondo voi la dobbiamo chiudere, questa baracca?”.
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