Uno Sport populista
Consigli per un ministro perfetto. Basta non far sapere a Salvini che è nato a Tripoli
Depilati, tutti depilati, ormai è un must. In forma olimpica magari proprio no, anzi è una tutta una moral suasion di panzette incipienti che occhieggia dagli scranni del governo. Sarà per questo che il nuovo esecutivo l’ha proprio abolito, il pur popolarissimo ministero per lo Sport, quello che ai tempi di Luca Lotti contava quasi quanto la Cultura. Niente, hanno appiccicato la delega sulle spalle vieppiù andreottiane di Giorgetti, forse perché è tifoso del Southampton. Ma poveretto, con quel che ha da fare – e parla con Malagò, e trova la quadra dei diritti del calcio – allo sport, inteso orgoglio e salute della Nazione, mica ci può badare. Perciò se accettassero un consiglio (fidatevi, su!) avremmo la soluzione per un perfetto ministro dello Sport populista, sovranista e poveraccista: Claudio Gentile.
Il mitico stopper della Giuve che al Mundial di Spagna fece piangere persino Zico, ché gli aveva ridotto la maglia a brandelli, ha fatto una bella intervista al quotidiano più governativo che c’è e ha detto: “Poveri russi, immagino che pure loro siano delusi” (esame di putinismo superato, ok). Ma soprattutto: “Il pallone è sempre stato parte della nostra cultura, è un elemento di identità popolare”. La colpa del tracollo? “Troppi stranieri e pochi giovani… dirigenti attaccati alla poltrona” (esame sovranismo + anticasta dieci e lode). Infine: “Il calcio italiano è diventato un business”. Insomma se facciamo schifo al folbèr, è colpa di Soros. Perfetto, no? Sì, c’è quel piccolo problema… Gentile è nato a Tripoli e il suo soprannome ufficiale era “Gheddafi”. Ma basta non farlo sapere a Salvini, e siamo da medaglia d’oro.