Chiamami Président
Il metodo del ministro Bonisoli, secondo cui è “meglio far venire la fame di cultura ai giovani facendoli rinunciare a un paio di scarpe” contro la visione del presidente francese: “Prima prendi una laurea poi dai lezioni agli altri”
Magari c’è del vero, a prenderla larga, nel brocardo del ministro della Cultura Alberto Bonisoli, secondo cui è “meglio far venire la fame di cultura ai giovani facendoli rinunciare a un paio di scarpe” invece di regalargli 500 euri da spendere in stagioni teatrali e in sostegno indiretto all’editoria. Anche se quel che risalta di più, nel brocardo, alla fine è il non detto. Perché non tutti i diciottenni italiani spendono 500 euro all’anno in scarpe, solo quelli ricchi. E insomma declinata così la filosofia appare un tantino classista. E’ una questione di stile.
Ad esempio Emmanuel Macron, l’idolo del mio amico Julien, uno che è classista nel Dna perché viene dell’élite e ha dei magnifici figli che sono già di élite, per spiegare ai giovani francesi che cosa voglia dire accedere all’empireo della cultura, e imparare a ragionare da classe sociale educata e responsabile, e non da sguaiati figli della gleba postmoderna, per i quali uno-vale-uno e siamo tutti fratelloni citoyen, ha fatto così. Partecipava a una qualche cerimonia ufficiale e un ragazzo che forse di anni non ne ha diciotto, ma un bel bagaj, come diremmo qui, gli si è avvicinato: “Coma va, Manu?”, come se fosse un rapper appena sceso dalla consolle. L’inquilino dell’Eliseo non si è divertito affatto, e gli ha risposto col garbo freddo che il suo Dna e la sua condizione gli consentono: “Sei a una cerimonia ufficiale. Chiamami signor presidente della Repubblica, o signore”. Ma non lo ha fatto per arroganza. No, ne ha fatta una questione di metodo, e di testa: “Impara a fare le cose nell’ordine giusto: prima prendi una laurea poi dai lezioni agli altri”. Le scarpe, invece, servono per camminare, non per dare lezioni.