Il fair play finanziario della Lega: vendere i bambini
La Corte di Cassazione ha ordinato il sequestro di tutti i fondi del Carroccio e ha stabilito: ogni somma di denaro riferibile al partito di Matteo Salvini deve essere sequestrata “ovunque venga rinvenuta”
Doverosamente premetto: a brigante brigante e mezzo; a populista populista e mezzo; à corsaire corsaire et demi. Questa è la linea, non vorrei che il mio amico Julien mi annoverasse tra quelli che s’accucciano al “lasciamoli lavorare”, come un Galli della Loggia qualsiasi. Però una sorridente, anzi ridanciana, reminiscenza del vecchio caro garantismo mi viene alle labbra, di fronte alla sentenza muscolare della Corte di Cassazione che ha ordinato il sequestro di tutti i fondi della Lega (ma tutti eh, anche l’incasso delle salamelle di Pontida) e ha stabilito: ogni somma di denaro riferibile al partito di Matteo Salvini deve essere sequestrata “ovunque venga rinvenuta”. Anche nel materasso. Perché quando sei un leader che si atteggia a papà, finisce sempre che le colpe dei padri ricadono sui figli, e ben ti sta. Trattasi della condanna per truffa ai danni dello stato sui rimborsi elettorali, roba dei tempi del Bossi e di Belsito. Una cosetta da 49 milioni. Sull’unghia o a futuro prelievo, come fa l’Agenzia della tasse quando vi becca con le cartelle esattoriali. E c’è da dire che non si era mai visto, un accanimento simile, su un partito della Repubblica. Ma questa è la terza Repubblica, ci vuole onestà. Così Salvini adesso deve rientrare anche lui nel fair play finanziario, come il suo Milan. Però potrebbe fare come Ausilio all’Inter, che in quindici giorni ha venduto una nidiata di ragazzini per tirar su 45 milioni, coi bilanci non si scherza. Si comporti “da padre”, Matteo, e come Ausilio vendesse i bambini. Che tanto, a ributtarli sui barconi, non si guadagna niente.