Bambole, spritz e preti
Altro che cambiamento, resta l’Italia dei regolamenti e dei ricorsi al Tar che ammazzano la libera iniziativa
E cosa fate con Gallipoli?, chiederebbe il ministro del contro-sviluppo al presidente della Basilicata. Geografia a parte, la questione è grave nell’Italia dei regolamenti e dei ricorsi al Tar che ammazzano la libera iniziativa, altro che cambiamento. Il Consiglio di stato ha stabilito che il Samsara, la più famosa spiaggia di Gallipoli, simbolo con i suoi happy hour della movida del Salento, mejo della pizzica, deve chiudere. Ha ragione il Comune, che ha revocato la licenza con questa motivazione: quello che era uno stabilimento balneare si era trasformato in una discoteca. Forse bastava cambiare la licenza, ma niente: nel paese delle non-liberalizzazioni, piuttosto che cambiare una carta si uccide un florido commercio. All’altro capo d’Italia, a Torino, la polizia municipale vuole chiudere la “casa delle bambole” appena partita e che va a gonfie vele: trattasi delle bambole di gomma con cui i clienti possono fare sesso a pagamento, la prima d’Italia, in pratica una start up. Niente, chiudere. Non perché sia immorale, o faccia venire le malattie. No, è che i proprietari dovrebbero avere una licenza da affittacamere. Terzo step, il Comune di Pistoia ha imposto la chiusura alla canonica di don Vincenzo, il prete che ospitava i migranti e che fu accusato di “portarli pure in piscina” da facinorosi salvinisti. Non per razzismo: la struttura non è a norma. Ma aiutare a sistemarla, no? Don Vincenzo è amareggiato, ha detto che porterà i suoi ospiti in chiesa. Basta che, con il casino di regolamenti che abbiamo, il don non si confonda e in chiesa ci finiscano le bambole. Di questi tempi.