Robot, cani e sicari
Può un robot sostituire l’amore di un cane? Gli animali e quello che sono diventati nella società dell'egoismo secondo Costanza Rizzacasa d’Orsogna
Costanza Rizzacasa d’Orsogna ha un nome bellissimo e anche utile, da solo mi aiuta a riempire metà di questa rubrica. E’ molto simpatica anche se la conosco solo come @CostanzaRdO, e in comune abbiamo soltanto una stravagante e forse insana mania per Plutone, il pianeta con il cuore. Lei ama anche molto gli animali, ora ha fatto un libro sul suo gatto, io invece sono fobico pure dei pesci rossi. Ha scritto sul Corriere un istruttivo pezzo, “Può un robot sostituire l’amore di un cane?”. Parla di questo “cucciolino, ha un muso tenerissimo, scodinzola e abbaia felice se gli accarezzi la testa. Proprio come un cane, solo che non lo è. Si chiama Aibo, ed è la sesta generazione del robot di Sony”, nato in Giappone a fine anni Novanta e ora rilanciato in una versione con “sensori ottici e tattili avanzati, grazie all’intelligenza artificiale impara a riconoscere le facce e ciò che gli viene detto, dà la zampa, si ricarica in tre ore e gli si possono insegnare anche dei giochi”. Una meraviglia, no?. Ma dice, Costanza, questa preferenza è un male, “perché è questo che sono diventati gli animali nella società dell’egoismo: un fastidio. Vogliamo la compagnia e l’amore che ci danno, ma senza dover ricambiare, senza occuparci di loro”. E dice probabilmente qualcosa di vero ed essenziale, che magari non riguarda né i cani né i robot, ma la nostra sempre più grande idiosincrasia per il prenderci cura di altro che non sia il nostro ego. Gli animali, sì. O soprattutto gli esseri umani, direi. Ma magari preferire un robot al posto di un cane vivo, è grave come affittare un sicario. (E qui mi fermo, se no sai le polemiche).