Il confino è ripartito a Riace
Rivoltare l’ingiustizia subìta in occasioni grandi di idee e di futura libertà. Auguri a Mimmo Lucano
Mimmo Lucano, il sindaco di Riace cui il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria ha revocato gli arresti domiciliari, non è il Ghibellin Fuggiasco. Anche se forse così è sembrato a Roberto Saviano che gli ha prontamente inviato, come fosse un bacio, una citazione di Dante. Quello di Mimmo Lucano non è un esilio, tecnicamente gli è stato imposto un divieto di dimora, art. 283 del Codice di procedura penale. Il punto (dolente) non è tanto sottolineare, anche se meriterebbe farlo, che una tale misura è prevista solo “se per la personalità del soggetto o per le condizioni ambientali la permanenza in tali luoghi non garantisce adeguatamente le esigenze cautelari previste”: insomma è una misura che si applica solo in relazione a specifiche possibilità di inquinamento delle prove e di continuazione del reato, cose che qui non ci sono.
La nota dolente è che, più che a un esilio, quello imposto a Lucano somiglia a un confino. Sì, quell’ovattato, apparentemente indolore ma politicamente violento provvedimento che il fascismo (quello vero, non la caricatura attuale) applicò a tanti oppositori. E che ci sia puzza di politica lo dimostra, al solito, il ciarliero ministro dell’Interno, che non dovrebbe aver voce in capitolo ma subito ha commentato che “evidentemente Lucano non è un eroe dei tempi moderni”. E tanto basta, come al tempo delle Fascistissime Leggi, per spedire un cittadino al confino. Carlo Levi ad Eboli, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi a Ventotene, seppero rivoltare quell’ingiustizia subìta in occasioni grandi di idee e di futura libertà. Augurio che mandiamo a Mimmo Lucano, senza scomodare Dante.